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L’export dei vini campani cerca una spinta dai buoni risultati dell’enoturismo

A Napoli le sfide del settore a “In & Out. Enoturismo + Export = il successo del vino italiano”

di Giorgio dell'Orefice

(lordn - stock.adobe.com)

3' di lettura

Enoturismo ed export chiavi di volta del vino italiano e campano in particolare. La stagione turistica a tratti trionfale che si sta chiudendo con l'anno 2022 ha portato anche nei territori del vino un crescente flusso di turisti soprattutto stranieri. Con ricadute importanti sul settore agroalimentare italiano visto che per oltre 7 turisti su 10 il souvenir preferito è ormai un prodotto del food & wine made in Italy.

Una modalità che poi risulta essere una sempre più significativa leva di export visto che i visitatori una volta conosciuti dei prodotti agroalimentari italiani, li ricercano appena tornati nel proprio paese d'origine. E questo processo sta cominciando a esercitare un'influenza sempre più significativa anche sulle esportazioni agroalimentari in senso stretto. Vendite che nei primi sei mesi di quest'anno hanno messo a segno un progresso in doppia cifra sia nei valori (influenzati però anche dalla variabile inflattiva) che nei volumi.

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Se ne è discusso a Napoli nel corso di “In & Out. Enoturismo + Export = il successo del vino italiano” appuntamento organizzato in occasione della presentazione della ventesima edizione di “Vitigno Italia” la manifestazione dei vini e dei territori d'Italia che si terrà a Napoli a maggio 2023 ma che ogni anno ha tenuto la propria preview invernale con degustazione riservata a 100 cantine (soprattutto campane e del Mezzogiorno) e 750 visitatori che hanno in breve tempo esaurito i biglietti posti in prevendita on line.

«Agli inizi degli anni 90 quando era ancora forte il ricordo dello scandalo del metanolo – ha ricordato il presidente del Movimento Turismo del Vino, Nicola D'Auria – le cantine erano quasi luoghi chiusi al pubblico, difficilmente accessibili. Adesso invece a distanza di qualche decennio, e complici iniziative come Cantine Aperte, sono luoghi deputati all'accoglienza. Non c'è cantina che non abbia uno spazio dedicato all’ospitalità e alle degustazioni. Tanto che le cantine in questo processo di avvicinamento al pubblico dei consumatori stanno facendo da apripista anche per le imprese di altri settori come i caseifici del lattiero caseario o i frantoi nell'olio extravergine d'oliva. Oggi le cantine italiane sono premiate come opere d'arte dalle riviste internazionali e sono sempre più strumento di attrazione dei territori. Il loro ruolo ormai sta quindi andando anche al di là di quello strettamente legato all'universo vitivinicolo».

«Un processo dal quale non è estranea la Campania – ha aggiunto il food blogger, Luciano Pignataro – e in particolare l'area del Vesuvio che ha sempre esercitato un'attrattiva in sé ma che adesso grazie all'iniziativa di alcune cantine del territorio si sta riscoprendo tra le aree del vino più performanti sul piano della ricettività turistica».

Ma se il vino italiano sta ottenendo grandi successi e riconoscimenti di pubblico sul piano dell'incoming, altrettanto non si può dire sul fronte dell''out”, ovvero, delle spedizioni all'estero. Secondo i dati di Wine Monitor di Nomisma, infatti, la Campania a fronte di un vigneto che rappresenta il 10% delle superfici vitate nazionali, una produzione che copre una quota del 4% della produzione vitivinicola nazionale poi sul fronte delle spedizioni di vino rappresenta appena l'1% del fatturato estero del vino made in Italy.

«Le cantine italiane – ha aggiunto la funzionaria dell'Ice di Londra, Gabriella Migliore – ancora non hanno messo a fuoco gli adempimenti necessari per esportare, nel post Brexit, nel Regno Unito, uno dei primi tre mercati esteri per il vino italiano. Di fatto l'entrata in vigore dei nuovi adempimenti burocratici previsti per il fatto che il Regno Unito è ormai un paese extracomunitario è stata, fin qui, posticipata. Ma già dal 2023 entreranno in vigore l'obbligo di eleggere un importatore ufficiale (Fbo, food Business Operator) e ci sarà un innalzamento delle accise sul vino. Le aziende devono attrezzarsi e seguire con attenzione questi sviluppi. Mentre spesso non hanno un sito aziendale in inglese con listini espressi anche in sterline ma solo in euro».

«Siamo decisi a cavalcare questo positivo trend dell'enoturismo – ha aggiunto l'assessore all'Agricoltura della Regione Campania, Nicola Caputo – e per questo stiamo studiando una cornice di regole regionali per accompagnare il settore. Altro tema invece è quello dell'export. Su quel fronte dobbiamo lavorare prima sulla razionalizzazione delle denominazioni d'origine. In Campana ce ne sono troppe, molte delle quali di territori che è difficile promuovere, difficili da far comprendere ai consumatori stranieri. Per questo ho proposto l'istituzione di una Dop Campania, un marchio ombrello per diverse produzioni più piccole che farebbero fatica ad accedere ai mercati di paesi lontani. Un'iniziativa che punta a replicare quanto effettuato da anni in Francia con le Aoc, e più di recente in Italia con la Doc Sicilia. Anche quella Doc regionale parti tra mille polemiche e perplessità e oggi, con 90 milioni di bottiglie prodotte, è uno dei casi di maggior successo nell'Italia del vino».

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