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L’intelligenza degli alberi, camere (e cucina) con bosco

di Stefano Salis

3' di lettura

Le Dolomiti in cinemascope sono un privilegio incredibile: ogni giorno, e ad ogni ora, variazioni sul tema: nuvole che passano veloci, squarci di luce, pioggia a tratti, neve, nebbia poi, d’improvviso, pieno sole, e l’enrosadira, un fenomeno di struggente bellezza. Di notte, stellate memorabili e un silenzio, quello del bosco, che sembra irreale. Profumi silvani tutto intorno, licheni e muschio, funghi e terra e loro, i veri protagonisti di questo palcoscenico: gli alberi, mute divinità che ci si manifestano nella loro forza, che è quella della natura profonda e saggia. «Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità. Non predicano dottrine e ricette ma la legge primordiale della vita»: Hermann Hesse aveva colto nel segno.

Ed è l’armonia con questa legge che si respira, sempre più, in alberghi, ritiri, spa, ristoranti che hanno fatto di questa tendenza una filosofia – non una posa, o una moda – per proporre ai loro clienti la vibrante forza che promana dalla sinfonia quieta dei boschi. Senza magari dover andare in terre estreme (ma fatevi un giro sognante sul sito del Treehotel nel Nord della Svezia che vi fa letteralmente dormire in eclettiche casette sull’albero) o rintanarsi nello chic inglese della campagna dei Cotswolds (su tutti si impone il sontuoso The Fish Hotel poco a nord di Oxford), anche da noi si inizia a costruire e soprattutto a interpretare una “intelligenza degli alberi” che lascia ammirati. È il caso del Forestis, nelle montagne di Bressanone: qui, a 1800 metri, in uno spettacolare anfiteatro soleggiato nel versante sud della Plose era sorto, già nel 1912, un sanatorio, dovuto alla matita di Otto Wagner, il celebre architetto viennese (che però non riuscì a vederlo completato prima della sua morte).

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Ed è un gioiello di benessere (spirituale prima ancora che fisico) che ha sedotto Alois Hinteregger “costringendolo” a riscoprirlo, affidando poi il sogno della rinascita, dal 2020, al figlio Stefan e sua moglie Teresa. Il Forestis ha aggiunto al nucleo principale tre scenografiche (eppure discretissime, mimetizzate nel verde) torri: è dalle finestre di ciascuna delle loro camere che le montagne appaiono come in un grande schermo. Impatto ambientale minimo, all’insegna della semplicità e della purezza delle forme e del non disturbo per gli alberi: anzi, con un semplice gesto, il cliente può rinunciare a pulire la stanza tutti i giorni, e l’hotel, in cambio, pianta un albero per ogni giorno saltato: esempio di sensibilità compiuto in collaborazione con il servizio forestale. È appena il caso di accennare alla eccellenza della Spa (saune, massaggi, piscine, yoga e meditazione) con trattamenti e rituali associati tra i quattro elementi naturali e altrettanti alberi circostanti: il pino mugo, l’abete rosso, il larice e il pino cembro (il signature è la Cerimonia del Cerchio degli Alberi; e domani è il capodanno celtico: ed è la sapienza dei sacerdoti druidi a ispirare l’intera struttura).

Ma è la cucina a riservare una graditissima sorpresa. Senza arrivare al mitico Faviken (ristorante anch’esso estremo, in Svezia, di Magnus Nilsson, 2 stelle Michelin ma ormai chiuso) e sulle tracce di altre esperienze sparse in Nord Italia, tra le quali eccelle Fabrizia Meroi del Laite di Sappada (che di stelle ne ha una, ma ne merita certo di più e tirata d’orecchie a chi si ostina a negarlo) che da sempre cucina con squisitezze dal bosco, fiori e piante, costruendo grandi menù nei quali la varietà dell’elemento verde è essenza.

Al Forestis, il giovane chef locale Roland Lamprecht è abituato da sempre ad andare sì a caccia, ma di tesori alpini, tra boschi e prati di montagna. Raccoglie, produce, conserva, sperimenta: il suo cooking show è una immersione nella tradizione altoatesina, nella sapiente innovazione, nella semplice profondità della conoscenza del sapore di ogni ingrediente, spesso inedito, come gli aghi di pino, le resine, le radici, il legno di cirmolo. Serve in un ristorante costruito a teatro sulle montagne e cambia menù tutti i giorni. Ma il suo futuro prevede di andare oltre questo spazio: tra le idee del cuoco e dei proprietari, c’è quella di una sala piccola e raccolta, immersa nel bosco. Una cucina di montagna a metro zero finché si può e, per il resto, fantasia che porta in alto. Una volta avviato anche questo progetto, siamo sicuri che anche le stelle non staranno a guardare. Tanto più che da queste parti sono sorprendentemente vicine: giusto lì, appena sopra gli alberi.

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