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La domanda di oro delle banche centrali riprende slancio: il ruolo della Cina

La Banca Centrale Europea (BCE) ha registrato un inusuale aumento di 2 tonnellate delle sue riserve auree a gennaio

di Marcello Minenna

(Science Photo Library RF / AGF)

3' di lettura

Dopo mesi di generale stallo negli acquisti di oro delle banche centrali emergenti, gli ultimi mesi del 2022 e questo primo scorcio del 2023 mostrano un grande dinamismo, con il ritorno in campo della Cina e l’ingresso di altri player del mercato asiatico, tradizionalmente prudenti nella movimentazione delle riserve aurifere. A fine gennaio 2023, la banca centrale di Singapore ha effettuato la prima operazione sul mercato internazionale di oro, acquisendo in un solo colpo 45 tonnellate, una cifra imponente pari al 30% del proprio stock di riserve.
Fermandosi ai dati consolidati di gennaio 2023, il più grande acquirente segnalato nel 2022 è intervenuto di nuovo in grande stile: la Banca centrale turca ha aggiunto 23 tonnellate alle sue riserve ufficiali, che ora ammontano a 565 tonnellate. La People’s Bank of China (PBoC) ha inoltre acquistato di nuovo, aggiungendo 15 tonnellate oltre alle 62 tonnellate di oro registrate tra novembre e dicembre 2022. Le sue riserve auree ammontano ora a 2.025 tonnellate (3,7% delle riserve totali). La Banca nazionale del Kazakistan ha aumentato le sue riserve auree di ulteriori 4 tonnellate a gennaio, portandole a 356.

ACQUISTI E VENDITE DI ORO DA PARTE DELLE BANCHE CENTRALI
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La Banca Centrale Europea (BCE) ha registrato un inusuale aumento di 2 tonnellate delle sue riserve auree a gennaio, anche se non è stato un acquisto definitivo da parte della banca. Il movimento risulta correlato all’adesione della Croazia all’Unione monetaria, dato che il Paese in ingresso è tenuto a trasferire l’oro, come parte di un più ampio trasferimento di attività di riserva, alla BCE.Le stime non ufficiali per febbraio vedono la prosecuzione della strategia cinese di acquisto (ulteriori 25 tonnellate) che, se prolungata nel tempo, potrebbe cambiare profondamente la struttura del mercato. Anche la Turchia sta accelerando nelle acquisizioni: una transazione di per circa 60 tonnellate sarebbe stata perfezionata alla fine di febbraio, tra le più massicce registrate negli ultimi 5 anni. Si rafforza l’interessante attivismo da parte dei Paesi dell’ex blocco sovietico: sia il Kazakhstan che l’Uzbekistan, che hanno effettuato gli acquisti più rilevanti del 2022, stanno influenzando il mercato.

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Nonostante un valore assoluto delle riserve auree molto ampio, in termini relativi rispetto alle riserve ufficiali totali la Cina ha uno dei rapporti più bassi del mondo, al 3,5% (Italia al 63,6%, Russia al 21,2%), sebbene una parte non ben quantificata di riserve viene detenuta non ufficialmente da enti economici a controllo statale. Questo implica che la strategia di incremento delle riserve cinesi potrebbe rivelarsi molto più aggressiva del previsto, con un impatto parecchio visibile sulla domanda globale e sul prezzo. Nella prima parte del 2022 l’evento estremo dell’impatto delle sanzioni occidentali alla Russia, che hanno de facto impedito l’accesso della banca centrale russa ai propri stock di riserve valutarie ed oro depositati all’estero aveva congelato le strategie di de-dollarizzazione dei Paesi emergenti, che erano volte a ridurre esplicitamente il peso delle istituzioni USA nella gestione della politica economica domestica.

Probabilmente la resilienza dell’economia russa alle sanzioni e la capacità del sistema finanziario globale di aggirare il blocco alle transazioni ha ridotto l’effetto shock e restituito fiducia alle strategie di lungo termine di Cina, India, Arabia Saudita ed Iran di sfuggire alla dominanza globale del dollaro. Stanno fiorendo esperimenti di negoziazione bilaterale di prodotti energetici in valute diverse dal dollaro per piccole transazioni, ma il rischio di fallimento resta alto. I nuovi assetti geopolitici continueranno a determinare la domanda globale di oro nei prossimi anni.

Marcello Minenna, Economista
@MarcelloMinenna

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