La leadership diffusa è attitudine alla solidarietà e non all’eroismo
Alcune semplici strategie, se allenate con perseveranza e pazienza, mettono a nudo i nostri bias ovvero le nostre distorsioni nella percezione
di Gianluca Rizzi *
3' di lettura
Uno dei dati forse più rilevanti che emerge dallo State of the Global Workplace 2022, pubblicato da Gallup nel luglio dello stesso anno, riguarda la condizione di stress percepita dai lavoratori. Alla domanda: “Hai sperimentato per buona parte della giornata di ieri uno dei seguenti stati d’animo?” il 44% dei partecipanti, a livello globale, ha risposto di sì riferendosi allo stress. Nel 2020 il tasso era stato del 43% e nel 2019 del 38%. In relazione agli altri stati d’animo indagati, ovvero preoccupazione, rabbia e tristezza, le percentuali nel 2021 sono state rispettivamente del 40%, 23% e 21%, in discesa rispetto al 2020 ma comunque più alte rispetto al 2019 (epoca pre-pandemica).
Ora, la ricerca di Gallup non fa che certificare una percezione talmente diffusa da essere diventata una certezza: gli accadimenti e l’incertezza degli ultimi due anni hanno fatto aumentare in modo rilevante gli indicatori che misurano il nostro grado di malessere psicologico. La ricerca di Gallup si svolge nel contesto professionale e le risposte vengono quindi date da persone che lavorano. Come la stessa Gallup specifica, ci si riferisce a una condizione di stress che riguarda la persona e non il lavoro in sé, ma quella condizione molto probabilmente si riverbera sulla quotidianità professionale. Per dirla in breve, i luoghi di lavoro (oramai perlopiù ibridi) sono molto probabilmente ambienti sempre meno confortevoli fino a diventare in talune circostanze addirittura ostili.
Come può un leader muoversi efficacemente in un contesto di questo tipo, considerando che resta il vincolo dei risultati da conseguire entro certi lassi di tempo e con l’ulteriore responsabilità di dovere far crescere le persone? Il grado di responsabilità strategica e operativa che grava sui leader apparentemente è molto più elevato rispetto a pochi anni fa a causa del fatto che inevitabilmente diventano sempre più veri e propri gangli dell’organizzazione.
Sono punti focali della comunicazione e della trasmissione delle indicazioni strategiche, assumono un ruolo sempre più centrale nel percorso di valutazione e sviluppo delle persone, restano un tramite fondamentale per il conseguimento dei risultati.
Rebecca Zucker e Darin Rowell, autori di un ottimo articolo pubblicato su HBR il 26 aprile del 2021 e intitolato “6 strategies for leading through uncertainty”, mettono in evidenza per l’appunto 6 strategie che potrebbero davvero supportare i leader nella guida delle persone nell’incertezza. In estrema sintesi (secondo la mia personale traduzione che spero non tradisca lo spirito e l’intenzione degli autori):
“Accogli il disagio del non sapere, ovvero accetta il fatto di non avere tutte le risposte e punta sull’apprendimento piuttosto che sulla raccolta delle informazioni. Distingui (e tratta in modo diverso) il complicato e il complesso ovvero risolvi i problemi complicati che hanno soluzioni del tipo first best affidandoti a procedure già consolidate e affronta i problemi complessi che per definizione non hanno soluzioni first best diffidando delle ricette già pronte. Evita il perfezionismo, poiché in uno scenario non lineare, instabile e imprevedibile essere perfezionisti distrae da rischi imprevisti e opportunità improvvise. Resisti alla tentazione di semplificare e saltare a conclusioni affrettate…va bene che il perfezionismo è rischioso ma anche l’approssimazione eccessiva rappresenta una pratica molto pericolosa. Non affrontare tutto da solo; la tentazione dell’azione eroica e solitaria è sempre in agguato ma mai come nell’incertezza l’attivazione dell’intelligenza collettiva può portare valore. Zoom out, ovvero allarga la prospettiva ovvero, di tanto in tanto, dilata l’orizzonte per ridimensionare un problema che sembra insormontabile o alleviare uno stato d’animo negativo che appare opprimente”.
Ognuna di queste strategie, che diventano vere e proprie attitudini se allenate con perseveranza e pazienza, forse non risolvono le questioni pratiche del quotidiano ma certamente mettono a nudo i nostri bias ovvero le distorsioni nella percezione che caratterizzano l’animale che è in noi. Siamo stati abituati dalla natura ad apprendere tramite generalizzazioni per risparmiare tempo e calorie in futuro, a cercare regolarità e stabilità perché le sorprese e gli imprevisti ci affaticano e a diffidare del nuovo e del diverso.
Ecco, lo scenario degli ultimi due anni per certi versi è l’esatto opposto e noi, per natura, non siamo capaci di affrontarlo. In altri termini le strategie/attitudini sopra viste sono per noi controintuitive. A fronte di questa difficoltà forse intravediamo un’opportunità. Per alleviare il peso della responsabilità che grava sempre di più sul leader potrebbe essere utile “diffondere” queste attitudini sensibilizzando i follower affinché se ne impossessino e auspicabilmente alleggeriscano, da sé, la condizione di stress propria e del leader.
Forse la famigerata leadership diffusa è anche una forma di solidarietà e supporto reciproco e non una moltiplicazione della propensione all’eroismo.
* Partner di Newton Spa
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