La possibile rivoluzione dell’euro digitale e nuovi parametri di riferimento
L’idea è quella di sollecitare le autorità a disegnare politiche monetarie adatte ai tempi
di Leonardo Becchetti e Guido Cozzi
4' di lettura
Constatiamo che il lungo periodo di inflazione, di tassi di interesse ultrabassi, e di credito anemico a fronte di politiche monetarie espansive ha indotto qualcuno a credere che mai più sarebbe stato necessario porre un freno alla moltiplicazione monetaria generata dal credito bancario.
La calma apparente di un’economia anemica li ha spinti a mettere in dubbio un principio cardine della macroeconomia di base con la stessa leggerezza con cui una persona che non soffre di febbre da lungo tempo mette in dubbio l’utilità stessa dell’aspirina o simili.
Si ripescano articoli scritti un secolo fa contro la nascente scienza macroeconomica, ignorando le spirali inflattive, stagflattive, e di cicli del credito avvenute nel frattempo. E così si rischia di prepararsi ad affrontare la nuova febbre inflattiva senza più medicinali cui affidarsi.
Ringraziamo quindi i colleghi per averci dato l’occasione di notarlo, per migliorare l’esposizione del nostro punto.
Cosa mai semplice nello spazio limitato di un articolo di giornale ma importante perché parte del nostro lavoro non si gioca sulle riviste scientifiche ma anche nella divulgazione e comunicazione delle idee che aprono dibattiti e stimolano riflessione dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori.
Chiariamo il nostro punto per il lettore ed evitiamo gli equivoci su una nozione di base di macroeconomia.
Il moltiplicatore è un concetto convenzionale utilizzato per esprimere in modo riassuntivo, ma rigoroso, il rapporto di causalità tra base monetaria (base money) e l’offerta di moneta estesa (broad money) nel sistema economico.
Nessuno immagina che questo rapporto sia esogeno e costante nel tempo come noi stessi accenniamo nell’articolo parlando della riduzione del moltiplicatore occorsa negli ultimi anni. Non per questo stimare ed avere un’aspettativa su questo rapporto non è importante, anzi essenziale per una banca centrale che voglia perseguire il suo obiettivo di controllo dell’inflazione. Se la banca centrale verifica che la sua stima non è corretta (e dunque sottostima o sovrastima la moneta complessivamente creata nel sistema per una certa base monetaria) ha la possibilità di intervenire e fare fine tuning con i vari strumenti che ha a disposizione al fine di raggiungere il rapporto obiettivo desiderato tra base monetaria e moneta estesa.
Per la natura del sistema finanziario sappiamo che, data questa variabilità, è molto più facile controllare il rapporto verso l’alto imponendo requisiti prudenziali e vincoli al sistema bancario piuttosto che stimolarne la crescita cercando di incentivare l’aumento dei prestiti a partire da un’ammontare di base monetaria data. È il problema illustrato da Keynes quando afferma che si può portare il cavallo alla fonte ma non costringerlo a bere (offrire agli imprenditori opportunità di finanziamento con prestiti bancari a condizioni convenienti ma non costringerli ad investire).Questo perché le decisioni d’investimento che poi sono in parte importante finanziate da prestiti bancari dipendono dai cosiddetti “spiriti animali” e da moltissimi fattori incluse ovviamente le aspettative positive o meno sul futuro dell’economia. E la trappola della liquidità è appunto quella situazione dove il cavallo non beve. Non è un caso che l’inflazione sia stata costantemente sovrastimata negli ultimi anni prima della nuova fase che stiamo vivendo perché la base monetaria non si è moltiplicata come nelle aspettative dei banchieri centrali. Ma tutto questo non implica che non sia possibile definire requisiti di riserva su una nuova valuta come l’euro digitale.
Venendo alla nostra proposta: come giustamente sottolinea Cesaratto, nel periodo post-crisi 2007-2009 la moneta bancaria non è aumentata in linea con la moneta di banca centrale. Ciò è accaduto per via di parametri prudenziali (Basel III e IV) più stringenti e ad una bassa domanda aggregata, anche dovuta alle misure di austerità della zona euro («double dip recession»).
Oggi tutto è cambiato: i parametri prudenziali sono stati allentati nel periodo Covid e, ancora più importante, le politiche fiscali sono diventate marcatamente più espansive, in primis in Germania, per non parlare degli Stati Uniti.
Questo eccesso di domanda mondiale di fronte a un lato offerta post-Covid ancora convalescente ha avviato spinte inflattive sull’energia e poi sugli altri settori già forti prima della guerra in Ucraina. Quindi oggi più base monetaria spingerà a effetti moltiplicativi e a più inflazione. Per questo oggi le banche centrali affilano le armi della contrazione monetaria e la questione numero uno diventa se e come è possibile conciliare le politiche che riducono i rischi di crisi sul fronte del debito pubblico con quelle di controllo dell’inflazione.
In mancanza di due diversi strumenti necessari per perseguire due diversi obiettivi che rischiano di entrare in conflitto tra di loro il tasso di interesse crescente ne sarà il risultato e con esso l’aggravamento delle finanze pubbliche. Purtroppo questo è il momento in cui ciò che si insegna nei corsi di base di macroeconomia diventerà di nuovo rilevante, dopo la fine della “trappola della liquidità” e dello “zero lower-bound” dell’ultima decade - caso speciale, patologico, della stessa macro di base.
Quello che noi abbiamo cercato di sottolineare nel nostro articolo è che esiste una rivoluzione tecnologica a cui fare riferimento per identificare nuovi strumenti di politica monetaria che possiamo usare per moderare il danni che potrebbero seguirne sulle finanze pubbliche.
Poiché dobbiamo ancora disegnare la rivoluzione monetaria dell’euro digitale, noi sollecitiamo le autorità a disegnarlo in modo che la sua introduzione faciliti la gestione delle finanze pubbliche e riduca il rischio di nuove crisi del debito nell’area euro in presenza di debiti pubblici cresciuti nell’epoca della pandemia, rischio che aumenterebbe significativamente dovesse venire a mancare l’ombrello dell’acquisto dei titoli da parte della banca cecntrale.
Nella transizione verso l’euro digitale il moltiplicatore dei depositi su questa specifica parte di nuova creazione di base monetari può essere ridotto, con l’obiettivo di ridurre e calibrare la creazione della massa monetaria bancaria, che altrimenti crescerebbe a livelli inauditi da un quindicennio.
Contestualmente, ed in linea con la nuove teorie monetarie anche la regolamentazione prudenziale dovrà adattarsi all’euro digitale.
Noi proponiamo di estendere la nostra proposta anche a questo importante menu di policy aggiuntive.
Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergata
Guido Cozzi, University of St Gallen
Il dibattito era stato lanciato dai due autori con un articolo in data 21 aprile. A questa proposta avevano risposto Sergio Cesaratto (27 aprile) e Ugo Zannini (29 aprile)
loading...