La priorità assoluta per i leader delle risorse umane è l’employee experience
L’obiettivo è mantenere a livelli ottimali la cultura aziendale e la produttività, la flessibilità e l’equilibrio tra lavoro e vita privata
di Gianni Rusconi
4' di lettura
Vi sono tanti risvolti legati all’impatto della pandemia sull’organizzazione del lavoro in azienda. Una di queste riguarda un aspetto specifico dell’attività quotidiana di milioni di addetti: l’employee experience. L’esperienza dei dipendenti è a un punto di svolta perché molte organizzazioni sono oggi impegnate a supportare una forza lavoro sempre più remota cercando di mantenere a livelli ottimali la cultura aziendale e la produttività, la flessibilità e l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Il rovescio della medaglia? La maggior parte delle iniziative dedicate a questa tematica è relativamente immatura.
Ad emettere tale “sentenza” è uno studio (“Close the Employee Experience Gap”) condotto da Forrester Consulting per conto di Sap, Qualtrics e EY che ha coinvolto su base globale circa 900 responsabili delle risorse umane ed altrettanti lavoratori a tempo pieno, tra cui anche professionisti italiani. Il messaggio più importante che emerge dall’indagine è senza dubbio il seguente: il numero di responsabili delle risorse umane che ritiene l’esperienza dei dipendenti l’aspetto più importante della loro strategia è quasi triplicato negli ultimi due anni.
Nello stesso periodo di tempo, inoltre, il budget destinato a programmi di employee experience è quasi raddoppiato passando dal 6% all'11% e si prevede aumenterà fino al 16% nell’arco del prossimo biennio. Il cambiamento a cui è chiamata l’intera organizzazione nel suo complesso è dunque strategico soprattutto perché, come si evince dal rapporto, solo le aziende più virtuose nel migliorare il fattore “EX” registreranno maggiori benefici per il proprio ecosistema (dipendenti, clienti, fornitori) e per la loro crescita.
E non è dunque un caso che ben il 78% degli Hr manager intervistati sia convinto del fatto che, entro due anni, l’esperienza delle persone sarà uno dei fattori determinanti per conseguire gli obiettivi di business. La pandemia di Covid-19, tornando allo scenario generale, ha messo in luce ciò che molti addetti ai lavori avevano notato da tempo: il cambiamento delle condizioni della forza lavoro rende l’EX più decisiva che mai in relazione al ricorso massiccio allo smart working.
Dove si deve quindi intervenire, a livello di organizzazione e di processi, per dare seguito alle buone intenzioni? Lo studio indentifica nei silos organizzativi, nella mancanza di supporto da parte dei vertici aziendali, in meccanismi di feedback incoerenti, nei dati dispersi tra funzioni diverse e nei disallineamenti tra le divisioni Hr e i dipendenti i fattori alla base di una visione incompleta del percorso dei dipendenti. E sono di conseguenza questi i principali ambiti di applicazione di iniziative di employee experience in grado di produrre benefici di carattere duraturo.
Alcuni indicatori spiegano meglio lo scenario a luci e ombre attuale. Solo il 24% dei team che operano nelle risorse umane può contare su uno sponsor di livello executive per i propri progetti mentre il 71% identifica nel raccogliere informazioni in tempo reale sull’esperienza dei dipendenti la principale sfida. Solo il 17% delle funzioni Hr afferma di monitorare i Kpi (Key performance indicator) che riflettono la forza culturale della loro organizzazione.
E ancora: se l'81% dei dipendenti ritiene la creazione di una cultura positiva l’aspetto più importante per sviluppare una buona employee experience, solamente il 58% dei responsabili del personale è dello stesso avviso. E infine, dato forse ancora più indicativo, solo il 15% dei dipendenti si aspetta un’eccellente EX dalle proprie aziende.
Particolarmente significativa, circa le misure da poter adottare, è la riflessione di Jill Popelka, presidente di Sap SuccessFactors (la società di Sap attiva nel campo delle soluzioni in cloud per la gestione del capitale umano), secondo cui “l'esperienza dei dipendenti non può essere isolata e delegata alle risorse umane o essere concentrata esclusivamente sull'aumento della produttività, perché ha bisogno di una strategia olistica guidata dai leader e plasmata dal continuo feedback degli stessi dipendenti”.
Pensare a una forza lavoro che sia un fattore propulsivo per il successo aziendale è quindi possibile ma serve prendere maggiore coscienza, dentro le organizzazioni, di un cambiamento necessario e non più procrastinabile. Il management che non ascolta, comprende e agisce adeguatamente per conto dei propri dipendenti rischia cioè di generare impatti negativi per l’azienda, sotto forma di incremento del tasso di abbandono dei dipendenti, di una user experience negativa, di danni alla reputazione del marchio e di perdita di potenziali investitori.
Apprendimento e formazione continua, diversità e inclusione costituiscono quindi i pilastri di un viaggio che ha come destinazione finale non solo la maggior qualità della vita professionale delle persone ma anche significativi vantaggi al business. I responsabili Hr intervistati hanno affermato in tal senso come le iniziative EX abbiano un impatto positivo sull’agilità della forza lavoro e di quella organizzativa (nel 59% nel 67% dei casi rispettivamente) con una conseguente crescita del fatturato: il 77% dei leader delle risorse umane ha infatti confermato come i programmi di employee experience abbiano contribuito ad aumentare i ricavi mentre il 61% ha registrato una migliore redditività.
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