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La stretta al credito in Europa è appena iniziata

A fronte delle aspettative di rialzo dei tassi di interessee dell’avvio del programma di Quantitative Tightening dei titoli di Stato detenuti dall’Eurosistema, aleggia una certa sottovalutazione dell’impatto sul credito all’economia reale

di Marcello Minenna

7' di lettura

In questo scorcio di 2023, sono arrivate notizie incoraggianti riguardo lo stato dell’economia europea: il PIL del quarto trimestre 2022 dovrebbe tenere più del previsto, gli indici di previsione relativi alla produzione manifatturiera in Germania ed Italia hanno frenato la loro discesa e soprattutto il costo del gas naturale sta subendo un forte ridimensionamento.

Questo sta inducendo un certo mood ottimistico nelle istituzioni e negli operatori: la recessione attesa potrebbe essere più breve e molto meno profonda del previsto. Tuttavia, a fronte delle aspettative di rialzo dei tassi di interesse (che dovrebbero de facto raddoppiare in meno di 6 mesi) e dell’avvio del programma di Quantitative Tightening dei titoli di Stato detenuti dall’Eurosistema, aleggia una certa sottovalutazione dell’impatto che si potrebbe registrare sul credito all’economia reale.

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A causa del naturale lag con cui i rialzi dei tassi di interesse si trasmettono all’economia, fino ad ora gli effetti negativi su prestiti a famiglie ed imprese non sono stati avvertiti pienamente. Soltanto i dati più recenti iniziano a riflette l’impennata del costo del credito, che dovrebbe peraltro accelerare nel corso dei prossimi mesi.

C’è il rischio piuttosto concreto che si stia preparando una sinergia tra gli impatti negativi di tre distinti fattori: 1) l’aumento dei tassi di interesse su mutui e prestiti 2) la crescita dei rendimenti dei titoli governativi, che continuano ad avere un trattamento preferenziale in sede di bilancio per le banche e diventano molto attrattivi come investimento 3) il declino delle riserve bancarie in eccesso causato dalla restituzione accelerata dei prestiti a tassi agevolati TLTRO, che riduce gli incentivi per le banche ad espandere gli impieghi verso l’economia reale.

In altri termini, in un contesto in cui la liquidità in eccesso nel sistema finanziario si sta rapidamente riducendo, un rinnovato interesse delle banche negli investimenti in titoli di Stato potrebbe esacerbare in maniera più che proporzionale l’impatto della crescita dei costi del credito a famiglie ed imprese. Vediamo meglio.

Credito alle famiglie: il decollo dei tassi sui mutui ed il caso Germania

Partiamo dai prestiti alle famiglie, analizzando innanzitutto l’andamento dei tassi di interesse sui mutui immobiliari nelle principali economie dell’area Euro (i prestiti per acquisti di immobili rappresentano in media il 90% del totale del credito erogato).

A livello medio, il trend di rialzo che è partito a dicembre 2021 da livelli storicamente molto bassi è ancora contenuto, circa 150 punti base, ma con chiare differenze a livello geografico

AREA EURO - ANDAMENTO DEI TASSI DI INTERESSE SUI MUTUI IMMOBILIARI IN ALCUNE ECONOMIE
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Infatti i tassi sui mutui nei Paesi nord-europei sono saliti di più e più rapidamente rispetto ad Italia e Spagna. La Germania detiene il record negativo in termini di costo dei nuovi mutui. Al contrario in Francia l’incremento si è limitato a soli 80 punti base.

Le ragioni di questa differente velocità di trasmissione vanno ricercate probabilmente nella proporzione tra mutui a tasso fisso e mutui a tasso variabile erogati negli ultimi 11 mesi: in Germania la quota di nuovi mutui a tasso variabile rispetto al totale è passata dall’8,63% di febbraio al 17,18% di novembre 2022; in Italia addirittura gli ultimi dati disponibili mostrano che il 65% dei nuovi mutui stipulati è a tasso variabile (era il 15% a febbraio). In Francia invece il trend è rimasto inalterato, ed il 97% dei mutui viene stipulato sempre a tasso fisso.

Questo andamento a sua volta dipende dalla differente attitudedelle banche nazionali nel rinforzare/ridurre la propria posizione di rischio verso le famiglie. è plausibile che la maggior dimensione e stabilità del funding delle banche francesi consenta loro una maggiore esposizione a questa tipologia di rischio. Un fattore che potrebbe essere importante è anche il fatto che i mutui in Francia vengono erogati tradizionalmente a clienti con un profilo di rischio medio-basso, escludendo a priori dal finanziamento la coorte di prenditori meno affidabili.

La crescita dei costi sui nuovi prestiti ha iniziato a riflettersi da pochissimo sui volumi complessivi: il totale dei flussi annuali netti per l’area Euro ha invertito iltrend da giugno 2022 ed a novembre si registrava una contrazione di circa l’11% rispetto ai massimi di incremento degli stock.

PRESTITI ALLE FAMIGLIE - DECOMPOSIZIONE PER PAESE
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Guardando alla decomposizione per Paese di origine dei prestiti, si nota un rallentamento piuttosto uniforme della crescita dei volumi di nuovo credito nelle principali economie europee. In Spagna, si tratta di movimenti molto piccoli rispetto ad una situazione che va avanti da diversi anni di sostanziale stagnazione/riduzione. La sottoscrizione di nuovi mutui è già in declino evidente nelle piccole economie mediterranee (Cipro, Grecia) ed in Finlandia.

È ragionevole che nei prossimi mesi un rafforzamento di queste tendenze si faccia via via più evidente nei dati.

Prestiti alle imprese: comincia solo adesso la discesa

Latu imprese, ci sono alcune similitudini nell’andamenti dei tassi e dei flussi netti. Per quanto riguarda l’entità del rialzo dei tassi di interesse sui nuovi prestiti alle imprese, si nota bene (vedi Figura 3) il maggior livello registrato in Germania rispetto al resto dell’area Euro (linea rossa), anche se il ritmo di aumento appare uniforme in tutti i Paesi. In altri termini, anche se ogni Paese è partito da livelli diversi, in tutta l’area Euro da gennaio 2022 è stato registrato un rincaro di circa 170 punti base. C’è una chiara accelerazione dal mese di settembre in concomitanza con l’inasprimento del ritmo di rialzo del tasso di deposito della Banca Centrale Europea (BCE).

AREA EURO - ANDAMENTO DEI TASSI DI INTERESSE SUI PRESTITI ALLE IMPRESE IN ALCUNE ECONOMIE
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L’andamento dei flussi annuali netti (vedi Figura 4) dei prestiti alle imprese è storicamente più volatile di quello dei mutui immobiliari, e questo non deve sorprendere dato che le scelte di investimento/finanziamento delle società sono più sensibili alle fluttuazioni del ciclo economico rispetto ai consumi delle famiglie.

Negli ultimi mesi di osservazione però si possono trarre le medesime conclusioni rispetto all’analisi del credito alle famiglie: c’è un picco chiaro ad ottobre 2022, che definisce un punto di svolta nella crescita dei prestiti che rallenta nei mesi successivi. I dati dell’Associazione Bancaria Italiana più recenti di dicembre 2022 relativi al nostro Paese confermano l’impressione di una frenata vistosa.

PRESTITI ALLE IMPRESE - DECOMPOSIZIONE PER PAESE
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I tassi di crescita hanno cominciato a rallentare ad agosto in Olanda, Italia e Spagna e poi con un lag di circa 2 mesi in Germania e Francia, che erano i paesi che avevano registrato un’espansione del credito post-pandemia più accentuata. è interessante notare come l’attuale ciclo di espansione dei prestiti sia risultato più debole proprio nei Paesi che negli anni precedenti avevano registrato un significativodeleveraging del settore privato non finanziario (Spagna, Italia, Olanda).

In ogni caso, la direzione è chiara: si va verso un drastico ridimensionamento del tasso di espansione dei prestiti, soprattutto se si torna a considerare che ci attendono nel 2023 (almeno) 200 punti base di aumento del tasso di deposito BCE.

Tassi oltre il 4%: più titoli di Stato nel portafoglio delle banche e meno prestiti all’economia reale?

Il rialzo del tasso di deposito della banca centrale ovviamente non influenza soltanto il costo del credito al settore privato, ma imprime una pressione verso l’alto ai rendimenti di ogni asset finanziario emesso nell’area euro, in particolar modo sui rendimenti dei titoli governativi. Le pressioni al rialzo saranno plausibilmente aggravate dalla scomparsa della BCE come compratore di titoli,non solo in senso netto: a marzo 2023 infatti la BCE non reinvestirà i proventi derivanti dai titoli in scadenza accumulati con i vecchi Quantitative Easing (QE)per un ammontare di 15 miliardi di € al mese (circa il 50%), che raddoppieranno dopo alcuni mesi di rodaggio fino a raggiungere il 100%. Saranno reinvestiti solo i proventi dei titoli in scadenza relativi al programma pandemico PEPP, che pesa 1/3 rispetto ai QE standard.

In termini elementari, c’è da attendersi che – volatilità a parte – i rendimenti dei titoli di Stato crescano mediamente in maniera più che proporzionale rispetto all’aumento del tasso di deposito, soprattutto quelli dei Paesi più indebitati.

Dato che allo stato attuale i titoli governativi dell’area Euro vengono considerati a “rischio zero” ai fini di appostamento di riserve liquide nei bilanci delle banche, in periodi di forte risalita dei rendimenti dei govies c’è una chiara distorsione nelle preferenze di impiego delle banche.

Peraltro nel frattempo, le banche stanno attivamente riducendo la propria liquidità in eccesso attraverso il programma di rimborso accelerato dei prestiti TLTRO, che non sono più convenienti dopo la modifica delle condizioni economiche da parte della BCE ad ottobre 2022. Nei successivi 3 mesi, oltre 1.000 miliardi di € su 2.200 di TLTRO sono stati restituiti, anche se si è notato un forte rallentamento dei rimborsi nell’ultima data utile di gennaio 2023 (solo 63 miliardi). Insieme alle naturali scadenze di altri 54 miliardi di prestiti, ciò ha comportato una riduzione della liquidità in eccesso di quasi 1.100 miliardi di €.

Nel 2011, di oltre 1.000 miliardi del programma LTRO di finanziamento agevolato BCE alle banche, una larga maggioranza venne investita in titoli di Stato, per via degli alti rendimenti offerti in tempi di crisi e la necessità di garantire il rifinanziamento ai governi. Ora siamo in una situazione speculare; anche se non c’è una relazione meccanica tra liquidità in eccesso ed impieghi bancari, è facile immaginare che il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato ridurrà gli incentivi ad investire – a rischi crescenti – in un’economia reale in deciso rallentamento.

Attualmente, i dati ci dicono che siamo in una fase di ridimensionamento del peso dei titoli governativi nel bilancio delle banche, dopo l’”abbuffata” connessa alla fase acuta pandemica in cui i governi avevano necessità di collocare rapidamente enormi quantità di nuovo debito.

AREA EURO - TITOLI DI STATO GOVERNATIVI NEI BILANCI DELLE RISPETTIVE BANCHE NAZIONALI
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SI nota bene come lo stock di titoli detenuti in bilancio sia cresciuto principalmente per Francia, Spagna ed Italia (barre gialle, verdi e celesti). Il nostro sistema bancario sembra avere avviato comunque un deleveraging apprezzabile nel corso del 2022, a differenza di quelli francese e spagnolo.

Le banche dei Paesi core hanno invece ridotto i propri stock in misura rilevante (barre rosse e blu); addirittura le banche olandesi non li hanno mai incrementati nemmeno durante l’esplosione della crisi pandemica. In particolare, si nota ancora poco l’effetto di incentivo dovuto alla crescita nel 2022 dei tassi di rendimento, anche se potrebbe essere troppo presto per inferire trend significativi.

Qualche indizio in più pare emergere se andiamo ad analizzare i tassi di crescita a 12 mesi degli stock (vedi Figura 6): si osserva un lieve incremento negli ultimi mesi di politica monetaria più restrittiva, più evidente per Spagna e Francia, inesistente per i Bund tedeschi. Si tratta comunque di un trend molto debole rispetto ai recenti cicli di espansione degli stock di debito nei bilanci bancari (2018-2019 e 2020-2021).

AREA EURO - ANDAMENTO DEI TASSI DI INTERESSE SUI PRESTITI ALLE IMPRESE IN ALCUNE ECONOMIE
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In definitiva, appare evidente dai dati che siamo soltanto all'inizio di un ciclo di restrizione creditizia nell'area euro e che gli effetti cumulati del rialzo dei tassi di interesse cominceranno a diventare palesi solo tra parecchi mesi. Ci sono dei nuovi spunti di ottimismo per l'economia europea, ma è prematuro cantare vittoria.

Marcello Minenna, Economista
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali

Riproduzione riservata ©

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