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La svolta digitale delle banche e l’impegno per Milano capitale del fintech

«Intendiamo valorizzare - ha annunciato il Governatore Visco - la principale piazza finanziaria del Paese, quella di Milano, quale centro di innovazione digitale di respiro europeo». L’arretratezza di alcune piccole banche e le economie di scala degli investimenti digitali

di Alessandro Graziani

(Ansa)

2' di lettura

L’accelerazione nella trasformazione digitale dell’economia europea è uno dei cardini dei piani di investimento del Recovery Plan della Ue ed è una priorità per l’Italia dove per il rilancio delle imprese bisogna puntare, oltreché sul capitale umano, «sull’innovazione e sulle nuove tecnologie». L’evoluzione digitale del sistema Paese riecheggia più volte nelle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia, in particolare riferendosi al sistema finanziario che è oggetto della Vigilanza e che riguarda le banche, i gestori del risparmio e le nuove realtà del fintech che negli ultimi anni si sono affermate sul mercato. In particolare nell’hub di Milano, dove il Fintech District ha raggiunto il traguardo di 150 startup finanziarie (erano 32 nel 2017).

E proprio a Milano, con un’investitura istituzionale, la Banca d’Italia ha annunciato di voler costituire una struttura dedicata a compiti di impulso e coordinamento in materia di Fintech, nonché di sorveglianza sulla filiera degli strumenti e dei servizi di pagamento al dettaglio. «Intendiamo valorizzare - ha annunciato il Governatore Visco - la principale piazza finanziaria del Paese, quella di Milano, quale centro di innovazione digitale di respiro europeo».

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Per quanto riguarda più in specifico le banche, secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia, la transizione verso il digitale e già in fase avanzata negli istituti di medie e grandi dimensioni. Nel 2019 la quota di clienti che ha avuto accesso ai servizi bancari attraverso i canali digitali è̀ salita di quattro punti percentuali, all’80%. «La digitalizzazione dei servizi finanziari favorisce il calo dei costi, anche quelli a carico della clientela - ha spiegato Visco - le spese di gestione di un conto corrente online sottoscritto e amministrato digitalmente ammontano in media a circa un quinto dei costi di un conto bancario tradizionale».

In molte piccole banche non è ancora così e gli investimenti necessari alla digitalizzazione - non solo della distribuzione, ma anche dei processi e delle infrastrutture di information technology (come dimostra il recente outsourcing dei sistemi operativi di Deutsche Bank Italia con Cedacri) - richiedono economie di scala che consentirebbero di ridurre i costi di produzione e di distribuzione, da ottenere anche tramite aggregazioni, accordi o esternalizzazioni.

La sfida del digitale, con il conseguente taglio dei costi, va di pari passo con le attese di calo dei ricavi dovuti alla crisi economica post pandemia, che impatterà sul margine di interesse e sull’aumento dei crediti a rischio. Per molte banche non sarà facile modificare in corsa il business model. Soprattutto in quelle realtà bancarie che si sono presentate all’appuntamento con la nuova crisi senza aver risolto i problemi degli Npl generati dal 2008 in poi. Tanto che Bankitalia già paventa l’arrivo di qualche situazione di difficoltà di sistema. «Qualora dovesse rivelarsi necessario, si dovrà essere pronti a percorrere soluzioni che salvaguardino la stabilità del sistema - ha detto Visco - valutando il ricorso a strumenti che agiscano in via preventiva per banche che versino in una situazione di serie, anche se presumibilmente temporanee, difficoltà».

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