cinquant’anni

Lancia Fulvia Coupé 1,3S: la sorellina della Regina del Rally di Montecarlo

L’incredibile vittoria di Munari e Mannucci del 1972 diede un nuovo, fortissimo impulso alle vendite di un modello in fase calante

di Vittorio Falzoni Gallerani

3' di lettura

Al Salone di Torino del 1970 la Lancia Fulvia guadagna il cambio a cinque marce: componente ormai ineludibile per poter continuare a competere con le varie versioni dell'Alfa Romeo Giulia 1300; contemporaneamente alla berlina avranno la stessa miglioria sia la Sport Zagato sia la Coupé che, nell'occasione, sarà oggetto di un lieve e riuscito restyling. Il lavoro di ammodernamento di Piero Castagnero, autore anche del disegno d'origine, si concentra principalmente nella parte anteriore dove la calandra e la fanaleria non sono più circondate da un listello cromato ad andamento sinuoso ma fanno parte di una ellisse a tutta larghezza con i fari inglobati in una spessa cornice lucida.

Ben visibili anche i nuovi cerchi ruota in acciaio di disegno sportivo senza copri mozzo mentre i restanti interventi riguardano i particolari: paraurti con listello in gomma e indicatori di direzione incorporati, specchio retrovisore esterno sulla portiera anziché sul parafango, scritte e loghi di stile più moderno.

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Anche all'interno gli aggiornamenti sono di gran gusto ed abbastanza numerosi: nuovo volante, sempre con corona in legno ma con razze forate, console centrale sul tunnel incorporante una bocchetta di aerazione aggiuntiva e l'alloggiamento per un altoparlante e, alla sua base, la corta leva del nuovo cambio caratterizzato dalla posizione della prima marcia in basso a sinistra.

Sulla plancia, anche lei sempre in legno, sono ora posizionati i comandi della climatizzazione con levette di regolazione che relegano finalmente tra i ricordi gli obsoleti rubinetti sotto plancia della serie precedente; altri calci al passato sono rappresentati dal comando di tergicristallo e lavavetro elettrico a levetta sul piantone e dal comando elettronico del contagiri; la copertura del pianale è sempre in gomma ma con la moquette ottenibile come opzione.

Sotto al cofano rimane invariata la versione 818.303 del brillante quattro cilindri a V stretto da 1,3 litri con alberi a camme in testa già vista sulla Rallye 1,3 S a quattro marce: ultima raffinatissima evoluzione della Fulvia Coupé prima serie; un motore che sviluppa 90 CV che erano sufficienti a conferire, anche alla leggermente più pesante seconda serie della Lancia Fulvia, prestazioni in grado di tenere testa sia alla Alfa Romeo Giulia GT Junior sia alla Innocenti Mini Cooper 1300; questo, alla fin fine, era ciò che contava veramente poiché solo chi ha avuto vent'anni in quel periodo può capire il livello di competitività che vi era tra i proprietari di queste auto.

Quaranta chili in più, comunque, dovuti in buona parte all'abbandono delle parti mobili della scocca in alluminio, a favore di una costruzione tutto acciaio in linea con le nuove direttive Fiat per un contenimento dei costi di produzione; direttive che però per il momento, è onesto dirlo, avevano inficiato quasi per niente l'eccellente qualità complessiva di questa automobile che venne tra l'altro evidenziata al mondo con la strepitosa vittoria al Rally di Montecarlo del 1972.

In quel momento la carriera commerciale della nostra protagonista sembrava infatti al tramonto ma, dopo questa incredibile prodezza, la domanda si impennò nuovamente spingendo la Lancia a festeggiare proponendo la versione “allestimento Montecarlo”, poi “Montecarlo” tout court, al Salone di Ginevra di quell'anno: sulla scocca della 1600 HF II serie senza paraurti si montò il motore 1,3, si decorò carrozzeria e ruote con parti in nero opaco, si aggiunsero due fendinebbia rettangolari e lo specchio retrovisore Sebring, nero opaco anche lui, al posto di quello rotondo lucido.

All'interno sedili della 1600 HF con appoggiatesta, volante a tre razze in pelle e cinture di sicurezza.Quando l'influenza della Fiat sulla lancia Fulvia cominciò invece a farsi sentire fu con la serie '3' di fine 1973: calandra in plastica nera, uno dei più brutti volanti della storia e rivestimenti interni in velluto e moquette di qualità infima ne saranno le testimonianze più palesi con, a contorno, altre chicche alla rovescia come i fondi degli strumenti bianchi e la posticcia cuffia in finta pelle sulla leva del cambio.

Quasi incredibile poi l'aspetto che si volle dare alla inedita versione d'attacco “Safari”: una specie di Montecarlo monocolore con dotazioni azzerate ed improponibili rivestimenti in tessuto Denim che accompagnò il modello fino alla sua uscita dal listino nel 1976.Una serie di interventi imbarazzanti, ma che non riusciranno a rovinare un'auto che rimaneva e rimane piacevolissima, Coupé normale o Montecarlo che sia; disponibile in ambedue gli allestimenti la Fulvia Coupé 3 è oggi parificata nelle quotazioni alla seconda serie con valori che vanno dai dodicimila Euro per una buona Coupé ai ventimila per una ottima Montecarlo con la Safari da qualche parte tra le due grazie alla produzione limitata a novecento esemplari.

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