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Manifesta 14 rigenera gli spazi trascurati di Pristina

Oltre a riempire la capitale di arte, la biennale nomade cerca di aiutare la città nel lungo termine

di Maria Adelaide Marchesoni

6' di lettura

Pristina in Kosovo ospita fino al 30 ottobre Manifesta14, un'edizione molto speciale per gli obiettivi ambiziosi ma necessari che ha messo in cantiere. Il primo è per la giovane popolazione (l'età media dei suoi 200mila abitanti ha 25 anni, ben 20 in meno rispetto all'Italia) che rimane ancora isolata dal resto dell'Europa per la difficoltà ad ottenere visti e vive con i segni di un passato molto difficile (dopo la fine della guerra nel 1999, la provincia è stata temporaneamente governata da un organismo speciale delle Nazioni Unite ed è stata dichiarata indipendente dalla Serbia solo nel 2008) e di un futuro incerto.
<La missione di Manifesta 14 - spiega la direttrice Hedwig Fijen - è quella di agire come un'agenzia per la rigenerazione urbana e l'attuale sindaco di Pristina, Perparim Rama, che è stato membro di Manifesta a Palermo, quando ci ha invitato aveva una visione perfettamente chiara dei veri problemi della città: mobilità, inquinamento, recupero degli spazi pubblici. Quindi all'inizio non abbiamo parlato di arte ma in che modo Manifesta avrebbe potuto contribuire a cambiare in modo positivo la città. Mi sento di affermare che questa è la migliore edizione di sempre - prosegue la direttrice - non solo perché tutte le istituzioni governative hanno lavorato insieme, ma per il fatto che abbiamo deciso di proporre un nuovo approccio che pone al centro il pensiero e la visione dei cittadini per realizzare la rigenerazione urbana attraverso il recupero degli edifici abbandonati, molti dei quali sono gioielli brutalisti>.

L'arte di Manifesta14 trasforma Pristina

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La sfida

Collegare arte, architettura e società civile e re-immaginare lo spazio pubblico che si è dissolto dopo la guerra e l’indipendenza, per far emergere una città quasi invisibile. Per portare avanti questa missione, la direttrice ha deciso di farsi aiutare da due “mediatori creativi”, supportati da un team internazionale permanente e da specialisti locali, che hanno lavorato con i residenti di Pristina e hanno attivato un incubatore di idee e proposte: l’architetto-ingegnere italiano Carlo Ratti (Massachusetts Institute of Technology, Carlo Ratti Associati) si è occupato della parte urbanistica mentre Catherine Nichols, curatrice e autrice australiana con sede a Berlino, della parte artistica. Dietro ad un titolo enigmatico (”It matters what worlds world worlds: how to tell stories otherwise”), ispirato alla filologia americana è stato realizzato un progetto di grande impatto. <Sono molte le situazioni alle quali porre rimedio - afferma la direttrice - soprattutto per quanto riguarda la perdita di spazi pubblici a causa della privatizzazione e l’urgente necessità di recuperare e rigenerare edifici abbandonati; contribuire allo sviluppo a lungo termine della città è ora uno degli obiettivi principali di Manifesta>.

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Budget ed interventi

Dei circa 5 milioni di euro di budget per Pristina, 3,1 milioni sono destinati agli investimenti diretti in Kosovo, di cui un milione è stato destinato ai lavori degli artisti su commissione, 764mila euro ai progetti urbani e, tra questi, la ristrutturazione della biblioteca Hivzi Sulejmani, oggi Centre for Narrative Practice, un piccolo centro culturale ed educativo. L’edificio degli anni Trenta e il suo giardino sono stati completamente ristrutturati per ospitare opere d’arte, tra cui i tappeti tessuti a mano dell'artista Jakup Ferri, che attualmente rappresenta il Kosovo alla 59a Biennale di Venezia. Tra gli interventi che vogliono trasformare Pristina al di là dei 100 giorni di durata della Biennale vi è il Green Corridor, un percorso pedonale di 1,3 km con panchine dal colore giallo e aree verdi realizzate lungo i binari della ferrovia dismessa, realizzato dallo studio torinese Carlo Ratti Associati che ha condotto uno studio urbano in qualità di “mediatore architettonico”, il termine che Manifesta preferisce rispetto a quello di curatori.
Le rimanenti risorse sono state indirizzate ai salari dello staff (850mila euro, circa 53 dipendenti sono a tempo pieno e altri 200 ragazzi fanno parte dello staff che accoglie i visitatori in tutte le sedi della manifestazione), infine altri 250mila euro per la comunicazione e 183mila per altri interventi.
Alla fine della manifestazione le attese indicano un'affluenza che dovrebbe essere compresa tra 122 e 147mila visitatori ma i numeri precisi saranno comunicati ad ottobre. Nella prima settimana di settembre le 25 sedi di Manifesta 14 sono state visitate da oltre 70.000 persone.

Arte Local vs Global

Un'altra decisione che rende orgogliosa Hedwig Fijen è che questa edizione rispetto ad altre biennali è insolitamente locale: <abbiamo deciso di mettere al centro gli artisti locali in quanto credo che sia necessario per favorire i visitatori dell'area che non hanno una conoscenza dell'arte globale e quindi non avrebbe avuto senso portare centinaia di artisti internazionali>. Ed è per questo motivo che Manifesta ha incluso collaborazioni curatoriali con artisti, attivisti e istituzioni locali come Foundation 17 e Sekhmet Institute. Così alla Biennale nomade sui 102 artisti presenti 40 sono di origine kosovara e 26 provengono dai Balcani occidentali, il resto da altre aree geografiche. Delle 25 sedi sparse per la città, nel Grand Hotel Prishtina è stata ideata la mostra principale «The Grand Scheme of Things», ad ogni piano viene proposto un tema: transizione, migrazione, acqua, capitale, amore, ecologia, speculazione, con una forte presa sull’attualità che si rispecchia con urgenza o protesta nelle opere degli artisti balcani. Sul tetto dell’hotel, l’artista kosovaro di base a Berlino Petrit Halilaj (lavora con ChertLüdde, Berlino e i prezzi partono da 5.000 euro) ha realizzato un’opera semplice ma toccante, intitolata «When the sun goes away, we paint the sky». L’Hotel, un tempo di grande fascino, è da decenni in declino, Halilaj ha preso le cinque stelle della sua insegna e le ha riassemblate per realizzare una cascata di stelle illuminate che brillano sul Grand Hotel e sugli edifici circostanti. Salendo al nono piano, ci si immerge nelle trilogia «The Animals» di Drient Zeneli (le sue opere video vano da 10.000 a 15.000 euro, mentre i disegni da 1.000 a 1.500 euro formato 20 x 30), film ambientati in tre iconici edifici brutalisti: la Biblioteca Nazionale del Kosovo a Pristina, la Piramide di Tirana in Albania e l’Ufficio Postale nella capitale della Macedonia settentrionale, Skopje. Osservando ciò che resta di queste architetture utopiche, ogni film della trilogia racconta una favola nel tentativo di generare nuovi immaginari.
Proseguendo con gli artisti locali, troviamo Brilant Milazimi classe 1994 (lavora con LambdaLambdaLambda, Pristina, e i suoi lavori hanno un range di prezzo compreso tra 4.000-17.000 euro mentre in Italia è rappresentato con Ermes Ermes di Roma) sono esposte delle tele di grandi dimensioni del 2020 e del 2022 che raffigurano figure con arti e denti innaturalmente lunghi. Molto poetico il lavoro di Driton Selmani (Kosovo, 1987) «Love Letters», 2018: alle pareti sono esposti sacchetti di plastica dietro un plexiglass sottolineano il loro carattere archeologico come manufatti. Ogni sacchetto di plastica accende struggenti istantanee del presente che contrastano con la longevità del materiale, che si ritiene impieghi fino a 1.000 anni per degradarsi (lavora con Eugster, galleria di Belgrado e le opere hanno un range di prezzo compreso tra 1.000 e 6.000 euro). Non è immediatamente visibile l'opera di Alban Muja (Kosovo, 1980; le sue opere video hanno un range di prezzo compreso tra 5.000 e 21.000 per «Family Album» il lavoro realizzato per la Biennale di Venezia nel 2019): una casetta costruita in materiali prefabbricati e illuminata di notte, posizionata sul tetto dei Grandi Magazzini Gërmia, prima costruzione moderna in Kosovo. <Il progetto - spiega l'artista - per Manifesta “Above everyone”, ad essere del tutto onesto non conosco esattamente il budget, ma credo che il costo di produzione si aggirasse intorno ai 25.000 euro, ed è stato sostenuto da Ammodo (Amsterdam)>.

Artisti internazionali

Tra le presenze internazionali molte sparse in città, al Great Hamam del XV secolo, un importante patrimonio culturale vittima di privatizzazioni e tentativi di ristrutturazione falliti, recentemente riacquistato dalla città e si spera che un giorno possa diventare uno spazio espositivo, all’interno, l’artista giapponese Chiharu Shiota, di base a Berlino, ha tessuto un’intricata rete di filo rosso che riempie quella che un tempo era l’area principale del bagno turco. Nella rete di fili si intrecciano le storie di famiglia scritte a mano che l’artista ha raccolto dai kosovari. Nell’ex tipografia e casa editrice Rilindja, il sound artist turco Cevdet Erek rende omaggio alla storia dell’edificio come sede di tre quotidiani, in turco, albanese e serbo-croato, e all’attuale utilizzo come club techno, con un’installazione sonora e luminosa sottilmente martellante. Nel Cimitero dei Martiri Partigiani della Seconda Guerra Mondiale, Sislej Xhafa ha realizzato un intervento costituito da una pompa di benzina, un ombrellone e un sorvegliante che saluta i passanti. Christian Nyampeta ha presentato il suo video in uno storico cinema in disuso e caratterizzato da un passato con diverse destinazioni d'uso. Lee Bul, infine, ha piazzato un suo enorme sommergibile specchiante nel Palazzo dei Giovani e dello Sport che con la Biblioteca Nazionale, è l'icona architettonica più riconoscibile del paese ed è ormai trasformato nel parking sopra il quale l'installazione è stata allestita.

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