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Marelli chiude la fabbrica di Crevalcore, 300 esuberi

Per l’azienda che in Italia conta 11 stabilimenti produttivi e oltre 7.200 addetti in difficoltà le fabbriche che lavorano sui motori tradizionali

di Filomena Greco

(ANSA)

3' di lettura

La presenza industriale di Marelli in Italia vede affiancati poli industriali dove volumi e produzioni crescono e realtà che scontano maggiori incognite. È il caso delle fabbriche dove si lavora sui motori tradizionali, a cominciare da Bari, o di quelle – Melfi e Sulmona – legate a doppio mandato alle forniture per un solo cliente, Stellantis. Marelli in Italia conta 11 stabilimenti produttivi e oltre 7.200 addetti. La decisione di chiudere la fabbrica di Crevalcore, nel Bolognese, nasce in questo contesto industriale, stressato dalla transizione verso la mobilità elettrica e reso complesso dalla necessità di Marelli di superare lo schema fragile della monofornitura.

150 milioni di investimenti

Il campione nazionale della componentistica automotive, entrato nel perimetro del fondo Kkr nel 2019, con 50mila dipendenti e circa 170 fra stabilimenti e centri di Ricerca e Sviluppo in Asia, America, Europa e Africa, sconta il difficile momento del settore auto, soprattutto in Europa, e corre anche il rischio di vedere ridimensionato il proprio radicamento in Italia. Cosa che invece non accade a big player come Faurecia, in Francia, o al nutrito gruppo di gruppi tedeschi, a iniziare da Bosch, ZF e Schaeffler. Le buone relazioni industriali, al netto dello strappo sulla fabbrica di Crevalcore, però, hanno registrato in questi anni un dialogo costante con i sindacati e una gestione puntuale delle unità produttive. L’azienda ha garantito, tra 2022 e 2023, 150 milioni di investimenti, ma i sindacati, anche alla luce dello strappo su Crevalcore, sono preoccupati dal costo sociale della transizione e chiedono un piano che coinvolga Governo e Regioni.

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Dove sono gli esuberi

A Caivano, in Campania, Marelli produce sistemi di scarico (Green Technology Solutions). Qui sarà accolta parte della produzione proveniente da un polo secondario di Venaria mentre nel 2024 è attesa una nuova produzione che migliorerà la situazione economica della fabbrica dove saranno inseriti 14 nuovi addetti. Per Melfi (componenti per la carrozzeria) la trattativa con Stellantis si è conclusa positivamente e lo stabilimento vedrà crescere, grazie ad una nuova commessa, volumi e redditività a partire dal 2025, anche se gli esuberi sono quantificati in 80 addetti, con ammortizzatori attivi.

Anche per Sulmona (500 addetti) sarà decisivo l’esito delle trattative con Stellantis per future forniture, non solo destinate al mondo Fiat Professional. Qui gli esuberi dichiarati sono pari a 90 persone, in crescita a quota 135 nel 2024. Nello stabilimento di Bari (mille addetti), dove si produce anche per Porsche e Maserati e dove sarà spostata parte delle lavorazioni di Crevalcore, si concentrano le produzioni legate al Powertrain, tradizionale ed elettrico. Qui gli esuberi stimati salgono a 162 l’anno prossimo. Nella fabbrica pugliese, già interessata dal piano di formazione realizzato con il Fondo Nuove Competenze, dovranno concentrarsi le iniziative più importanti di riconversione. Bologna resta il cuore della attività di sviluppo del Gruppo in Italia con le attività di ricerca e sviluppo su motori elettrici e su combustibili alternativi.

La mobilitazione

È del 21 settembre lo sciopero di otto ore indetto dai sindacati all’interno del Gruppo mentre è andata avanti la mobilitazione su Crevalcore. «Trovo inaccettabile che da un giorno all’altro un’azienda che dà da lavorare a quasi 300 persone disinvesta e se ne vada» ha sottolineato il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini . Sul caso Marelli, emblematico della difficoltà del settore auto, sono intervenuti anche i segretari dei sindacati confederali. «Il tema del cambiamento della mobilità verso l’elettrico richiede una politica di sistema, non di lasciar fare al mercato» sottolinea il segretario della Cgil Maurizio Landini (video) . «Marelli non può scaricare sui lavoratori il peso della transizione green e digitale del settore auto» dice il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra .

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