QUARANT’ANNI

Maserati Biturbo, una coupé “quasi berlina” che entusiasma ancora oggi

De Tomaso volle che la macchina avesse prestazioni inavvicinabili dalla concorrenza: oggi un buon esemplare si trova intorno ai diecimila euro

di Vittorio Falzoni Gallerani

3' di lettura

Sono trascorsi esattamente quaranta anni da quel 14 Dicembre 1981, data della presentazione alla stampa di questa dirompente automobile avvenuta presso la storica sede della Maserati in via Ciro Menotti a Modena: la capitale della Terra dei Motori.
In quella occasione Alejandro De Tomaso, succeduto nel 1976 alla Citroën nella gestione della Casa del Tridente, pronuncia queste parole: “per tutti noi questo è un momento di rivincita nei confronti di quanti non credevano nel nostro lavoro”.

Certamente una dichiarazione perfettamente in linea con il carattere spigoloso del personaggio che però non ci pare oggi del tutto pertinente: si può affermare infatti che la messa in produzione nel 1979 della magnifica Quattroporte III, che attendeva dal 1976 nel limbo delle problematiche societarie, fosse già stato un risultato importante. E la Biturbo, poi, più che una rivincita ci pare una sfida che aveva come obiettivo il portare la Maserati in una dimensione meno elitaria entrandovi comunque dalla porta riservata a quella nobiltà che il suo casato meritava; e, a questo proposito e con la prospettiva che il tempo trascorso ci consente di avere, si può dire che il tanto discusso patron abbia sbagliato ben poco.

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Innanzitutto occorre riconoscergli un coraggio non comune anche solo per pensare, a fine anni ’70 del secolo scorso, ad un progetto del genere e quindi onore al merito ancor prima di iniziare la descrizione della macchina che ne venne fuori. Tanto per cominciare, fermi restando i due litri di cilindrata per ragioni fiscali, De Tomaso volle che la macchina avesse prestazioni inavvicinabili dalla concorrenza e fu quindi inevitabile pensare alla sovralimentazione; la nobiltà prima citata avrebbe però scricchiolato con soli quattro cilindri (vero Porsche?) e quindi disco verde ad un inedito V6 a 90° con testate a tre valvole per cilindro e, per la prima volta su di un’auto di serie, un turbocompressore per ogni bancata; un capolavoro con un solo punto debole: l’alimentazione con un carburatore a doppio corpo, anziché ad iniezione, che troppo soffriva a seguito del calore provocato dalle turbine.

Il quadro prestazionale, grazie ai 180 CV ottenuti, non deludeva le aspettative: 7,2 secondi nello 0-100 km/h era un dato competitivo con quello della più sportiva Porsche 924 Turbo e 210 km/h di velocità non erano alla portata di nessuna altra due litri a quattro posti. Lo stile della carrozzeria fu meno coraggioso ma proprio per questo di assoluta efficacia: realizzato internamente alla Maserati ispirandosi alla Quattroporte di Giorgetto Giugiaro, la Biturbo abbraccia quella formula di coupé quasi berlina che tanto successo aveva consentito alla BMW serie 3 allora ai vertici delle vendite nella sua nicchia di mercato.

Dove invece De Tomaso volle differenziare la propria creatura dalla impeccabile ma fredda concorrenza germanica fu nell’allestimento dell’abitacolo, dove la tipica atmosfera conferita dal miglior artigianato italiano accoglieva i clienti con finiture in radica a profusione e velluto arricciato (o pelle a richiesta) sui sedili; una completissima strumentazione completava il tutto insieme con una gragnuola di tridenti che qualcuno giudicò eccessiva, ma che a noi pare invece manifestazione di giustificato orgoglio.

E qui occorre ricordare altri due errori nella definizione di questa piccola Maserati; il primo: alla presentazione si promise un prezzo di listino full optional inferiore ai venti milioni di lire e per tentare di mantenere la parola data fu inevitabile qualche economia di troppo sulla qualità dei materiali, che iniziarono troppo presto ad invecchiare, e sulla accuratezza di montaggio. E, secondo errore, non si riuscì comunque nell’intento: quando la Biturbo cominciò ad essere consegnata, a 1982 inoltrato, il prezzo superava i ventiquattro milioni di lire contro i diciannove scarsi della BMW 323i che non era molto più lenta.

Certo non si può dire che la Maseratina fosse cara in assoluto poiché in quel prezzo erano comprese le ruote in lega, il condizionatore, la chiusura centralizzata ed il cambio a cinque marce: tutte cose che a Monaco facevano pagare (molto) a parte ma insomma non si era mantenuto l’impegno. Tuttavia il successo non mancò: 2.000 vetture consegnate nel 1982 ed oltre 5.000 nel 1983; le cose poi si complicarono un pochino a causa dell’emersione di alcuni problemi di affidabilità aggravati dal fatto che l’utente medio di questa macchina non era preparato a rapportarsi con un purosangue e pensare di poterlo trattare come la propria precedente Alfetta, e cioè senza alcuna particolare cura, non poteva essere la ricetta per un sereno utilizzo.

Come tutti sanno la macchina poi ebbe un’evoluzione verso una sempre maggiore affidabilità e qualità complessiva e così l’originaria Biturbo si ritrova oggi ad essere la capostipite di una dinastia di grande successo; recuperabile oggi a prezzi contenuti, anche sotto i diecimila euro per un buon esemplare, ci pare un’occasione da non perdere: se ben trattata sarà una fonte inesauribile di divertimento.


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