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Milioni di italiani con la posta elettronica bloccata: che succede a Libero e Virgilio

È ormai record il disservizio che colpisce, da domenica sera, i circa 9 milioni di account di posta Libero e Virgilio, della società Italia Online

di Alessandro Longo

Il digitale migliora la vita ma gli hacker fanno paura

3' di lettura

Milioni di italiani con la posta elettronica bloccata da oltre due giorni. È ormai record il disservizio che colpisce, da domenica sera, i circa 9 milioni di account di posta Libero e Virgilio, della società Italia Online.
La posta non funziona, non è possibile accedervi; anche per chi ha un account a pagamento e usati per motivi professionali. Secondo l'azienda è un problema tecnico in via di risoluzione. La buona notizia insomma è che i nostri dati sono al sicuro: non ci sono state perdite né tantomeno furti di informazioni. La causa non è un attacco “hacker”.

Non è un attacco hacker

«Si tratta di un problema di natura tecnica esclusivamente interno, il che significa che escludiamo categoricamente potenziali attacchi hacker e che i dati dei nostri utenti, che sono il bene più prezioso, non sono in pericolo». «Il servizio, una volta ripristinato, non genererà nessuna perdita per i milioni di account Libero e Virgilio mail», si legge in una nota dell'azienda.

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«A partire dalla notte del 23 gennaio 2023 si stanno verificando disservizi sull'infrastruttura a cui fanno capo i servizi web Libero e Virgilio, in particolare la posta elettronica», specifica ItaliaOnline, come si legge sul sito di LIbero. «È stato identificato il problema, in corso di risoluzione, che è dovuto ad un disservizio all'interno del nostro data center. Pertanto, una volta ripristinato il servizio, non si avrà nessuna perdita di dati per gli account Libero e Virgilio mail». «Ci scusiamo per il disagio che i nostri utenti sono costretti a subire in queste ore e confidiamo in una rapida risoluzione», che però tanto rapida non sembra.

La reazione degli utenti

Gli utenti sono inferociti, a quanto si può percepire dalle esternazioni sui social. Anche per le modalità di comunicazione dall'azienda. Beatrice E. su Facebook nota che per ore la posta è stata bloccata senza alcuna informazione agli utenti; e nessuna stima, dopo, sui tempi di ripristino. «Ora, per moltissimi Liberomail è gratuita, ma la verità è che ci sono anche gli utenti a pagamento di Liberomail Plus. Io sono tra costoro, visto che utilizzo anche questo account per lavoro». «Sono più di 36 ore che Libero Mail e Virgilio sono bloccate. Le mail, indispensabili ed insostituibili specie per chi ci lavora, sono “congelate” dalle 21:00 di domenica sera», scrive Salvatore T.

Cristian Vitali, blogger e scrittore, specializzato su calcio, fumetti e cinema di genere, si lamenta che per colpa di Libero non è potuto andare in onda su Rtl 102.5, perché il link di accesso video arriva via mail.

Un problema serio per aziende e professionisti

Per cogliere la gravità di un down di questo genere: se ne lamentano piccole aziende che usano Libero e che non possono più comunicare con i clienti nel modo abituale. Ma anche professionisti, medici, terapisti. «Per opportuna conoscenza dei miei pazienti che comunicano con noi tramite Libero Mail: purtroppo oggi non abbiamo potuto utilizzare questo sistema», scrive Tiziana C.

Per fortuna – verrebbe da dire – ci sono i social come canale alternativo. E un disagio di oltre 24 ore è davvero fuori dall'ordinario. Anche Gmail (di Google), la posta più usata nel mondo con 1,5 miliardi di account, a volte va giù; ma per alcuni minuti e massimo due ore ogni due anni circa, come riporta una voce di Wikipedia (e varie fonti giornalistiche internazionali) in materia.

Quando il down è lungo, di solito riguarda solo alcune regioni nel mondo. I sistemi di Google sono fortemente ridondanti, infatti, grazie ad economie di scala che solo un colosso tecnologico può garantire. Se va già un datacenter, ce ne sono altri pronti a supplire.

Resta da valutare se il disservizio tecnico subito a Libero, di durata record e con impatto anche su account a pagamento (come si è visto), sarebbe stato evitabile con una struttura di datacenter più estesa rispetto all'attuale.


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