Mostra del cinema, non si placa la bufera su Favino per «l’italianità». Gli Oscar Ferretti e Lo Schiavo si raccontano
Anche Sofia Coppola interviene sulla polemica dell’italianità di “Ferrari”, mentre i due maestri scenografi Ferretti e Lo Schiavo si raccontano
di Cristina Battocletti
I punti chiave
- Sofia Coppola interviene sulla polemica innescata da Favino
- «Ciascun regista può scegliere l’attore che desidera»
- Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo raccontano la loro strada a Hollywood
4' di lettura
Il ruolo di Ferrari a un attore italiano, come vorrebbe Pierfrancesco Favino? Sì certo, se l’attore italiano riesce ad avere il peso di trascinare al cinema il pubblico internazionale e garantire ai produttori di rientrare nei budget. Ne abbiamo di attori eccellenti in Italia, Favino tra di essi, tanto che scorrazza con eleganza in tutti i generi e trasformismi: la sua presenza garantisce sempre un ritorno al botteghino in Italia, dove il pubblico di casa lo riconosce.
Negli Usa il cinema non è assistito e i produttori rischiano. Un film che ha un budget di 90 milioni di dollari, come nel caso di “Ferrari” di Michael Mann, ha bisogno di volti su cui appoggiare il successo della pellicola.
In Italia il cinema è parzialmente assistito. Niente di male, anzi, lodevole, ci mancherebbe. Così vengono fuori le nuove leve (vedi Rohrwacher e Carpignano) che sarebbero altrimenti schiacciate dai colossi delle grandi major e delle piattaforme. Ma, bisogna dirlo, nascono anche pellicole molto dimenticabili.
Le grandi star internazionali italiane, da Loren a Mastroianni
Abbiamo avuto moltissime star internazionali italiane, da Sophia Loren a Claudia Cardinale alla stessa Lollo, che è fuggita da Hollywood quando si è sentita imbrigliata. E ancora, Mastroianni, Magnani e Golino. Favino (e molti altri) potrebbe benissimo farcela a L.A., ma prima bisogna volare oltreoceano, cimentarsi con lo star system hollywoodiano e far emergere le indubbie qualità dei nostri attori.
Tra l’altro il problema di “Ferrari” non è Adam Driver, che comunque è sempre all’altezza dei ruoli, ma è il film a non convincere del tutto, a partire dai dialoghi in inglese inframezzati da qualche parola in italiano, tipo “signora” o “commendatore” alla fine della frase, che suonano alle nostre orecchie come un ridicolo folclore.
A prescindere dal budget, chi scrive si schiera a favore di Sofia Coppola: ciascun regista decide come vuole. Qualcuno si dispiace perché Francis Ford Coppola ha affidato il ruolo del protagonista del “Padrino” a Marlon Brando? O il ruolo del principe di Salina a Burt Lancaster per il “Gattopardo”? L’unica vera distinzione è fare film buoni o no.
La strada verso Hollywood di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo
Lo sanno bene gli scenografi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo che lavorano a Hollywood e di Oscar ne hanno presi tre, nel 2005 per “The Aviator”, nel 2008 per “Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street” e nel 2012 per “Hugo Cabret”. Hanno lavorato per tanti maestri americani, da Martin Scorsese a Tim Burton.
Al quinto giorno della Mostra, la rassegna ha ospitato una lectio magistralis di Ferretti e Lo Schiavo, sullo stesso podio dove aveva parlato Wes Anderson. Il tema era “The art and Craft of cinema”, affrontato con una grande understatement, che sembra il file rouge di queste chiacchierate rilassate, pieni di aneddoti che raccontano come fare il cinema.
Francesca Lo Schiavo ha parlato della necessità di una sintonia con il regista, «con la sua innata sensibilità. Bisogna avere l’umiltà di mettersi al servizio della sua idea. Abbiamo incontrato grandi maestri che rimarranno sempre nella storia del cinema. A cominciare da Liliana Cavani, che è stato la mia prima committente. Sono venuta a contatto con questa artista che metteva tanta forza per guidare gli attori, costruire i film e mi è stata di grande insegnamento. Cerco sempre di mettermi in ascolto, di incamerare esperienze, di prestare la massima attenzione durante le riunioni con il regista. Un film è come una nave che è ancorata in porto e poi inizia il viaggio».
L’amicizia con Federico Fellini e Martin Scorsese
Dante Ferretti ha poi rievocato il rapporto di amicizia con Federico Fellini, di cui ha curato le scenografie degli ultimi sei film. «Federico abitava a Roma in via Margutta e io via Babbuino, a pochi passi da lui. La mattina andavamo a Cinecittà assieme: ci trovavamo al bar Canova. E lui mi diceva sempre “Ciao Dantino, che ti sei sognato stanotte?”, la prima volta gli ho risposto “Niente”, il secondo giorno “Non mi ricordo” e i giorni successivi mi sono detto “Qui bisogna inventarsi qualcosa” e mi sono messo a raccontare di quando ero piccolo. Mi è ritornato in mente di quando mia madre mi chiedeva di andare il mercato a comprare della carne e io avevo 7 anni e io andavo dalla “macellara” che appoggiava le “bocce” sul bancone e poi della pescivendola che teneva in mano un anguilla che di muoveva. Fellini rideva e poi li ha messi ne “La città delle donne” come sogni di Mastroianni.
Anche Lo Schiavo è ritornata alle sue origini: «Pensavo di fare l’architetto di interni e volevo conciliarlo con il cinema. Dante mi ha invitato ad andare sul set di “Todo Modo”. E lì ho capito che era quello che volevo fare. Dopo un anno iniziavo sul film di Liliana Cavani: ero assistente dell’arredamento dell’art director. Lì nasce la mia attenzione e il mio amore per il dettaglio, non ero mai passiva, giravo per antiquari e proponevo. Non bisogna mai sentirsi preparati e arrivati, ma impadronirsi sempre più del lavoro. Quando Federico Fellini girava “La Nave va” io ero assistente dell’arredatore, Massimo Tavazzi, dovevo arredare tutte le cabine della nave e ho fatto bene il mio lavoro. Io ero sempre lì pronta a tutto. Quando è iniziato il naufragio della nave e non c’erano effetti speciali. C’era una grandissima piattaforma di legno che doveva inclinarsi e tutti i mobili scendevano. Era una scena che si poteva girare una sola volta. Io, per essere sicura che tutto andasse bene, mi sono legata e non sono scesa dalla pedana. Alla fine nei titoli di coda ho avuto la gioia di vedere il mio nome associato a quello di Massimo Tavazzi. Era stato Fellini, mi aveva promosso. Sono andata da lui per ringraziarlo e mi ha detto solamente: “Lei ha fatto un lavoro da arredatore non da assistente. Chiuso”. E questo mi ha fatto capire che questa era la mia strada».
Tante le volte in cui sono stati nominati per l’Oscar. «Lo vincevano sempre gli altri - spiega Ferretti -. Non volevamo più andarci. Nel 2005 ci ha convinto Scorsese. E poi abbiamo sentito che dicevano: “L’Oscar va a Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo». «Lo Sciavo», corregge Francesca.
E la strada delle statuette non si è fermata e non si fermerà.
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