ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùVerso il 2023/2024

Mobilità degli insegnanti, botta e risposta tra Viale Trastevere e i sindacati

Il ministero: soddisfatte 54,5% delle richieste di spostamento. La Cisl: a compromettere la continuità didattica è l'abnorme numero di contratti precari

di Redazione Scuola

2' di lettura

Il ministero dell'Istruzione e del Merito ha reso pubblici nella mattinata di mercoledì 24 maggio gli esiti delle domande di mobilità dei docenti per l'anno scolastico 2023/2024. Su un totale di 82.282 richieste, quelle soddisfatte a livello nazionale sono state 44.819, pari al 54,5% dei docenti che hanno partecipato alla mobilità ordinaria. Ogni docente poteva presentare più domande. Nel dettaglio, sono state accolte 40.847 domande di mobilità territoriale e 3.972 domande di mobilità professionale. Per quanto concerne la scuola dell'infanzia, su 11.891 domande ne sono state accolte 6.512 (54,8%); in riferimento alla scuola primaria, su 26.198 richieste, 14.550 hanno trovato soddisfazione (55,5%); nelle scuole di I grado, invece, su 16.224 domande valide ne sono state accolte 8.520 (52,5%) mentre in quelle di II grado, su un totale di 32.406 richieste, 15.237 (47%) sono state soddisfatte.

Tutte le cifre

«Se si esclude dal conto il numero degli insegnanti che si sono trasferiti non per propria volontà, ma perché in esubero sulla loro scuola, sono poco più di 40.000 i movimenti, a fronte di un organico che supera abbondantemente gli 800.000 posti. Se ne deduce che a compromettere la continuità didattica non è tanto la mobilità del personale di ruolo, che incide per una percentuale davvero modesta, ma l'abnorme numero di contratti precari, che si aggira anche quest'anno sui 200.000. Non conosciamo ancora il dato, ma è facilmente intuibile che fra i trasferiti sia molto ridotto il numero dei docenti neo assunti: ciò dimostra come abbia ben poco senso l'insistenza con cui ci si accanisce nei loro confronti con norme che li assoggettano a vincoli, la cui effettiva incidenza sulla continuità didattica si rivela, dati alla mano, assai poco rilevante. Lasciare che sia il contratto a decidere su come incentivare la continuità, e non la legge, sarebbe senz'altro la soluzione più ragionevole, da accompagnare con politiche del reclutamento che favoriscano la stabilità del lavoro. Più ancora dei diretti interessati, ne guadagnerebbe la funzionalità del sistema scolastico», a dirlo è Ivana Barbacci, segretaria della Cisl Scuola.

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