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Pallini, il fatturato cresce del 26% anche grazie al limoncello senza alcol

La distilleria romana consolida il business all’estero dove va l’85% della produzione mentre la richiesta del nuovo prodotto corre: nel 2023 raggiungerà una quota del 7% sul totale dell’imbottigliato

di Emiliano Sgambato

4' di lettura

Il fatturato di Pallini nel 2022 è cresciuto del 26% a quota 18 milionie le previsioni sono positive anche per il 2023. Un risultato ottenuto soprattutto grazie al consolidamento della crescita all’estero del suo prodotto di punta, il Limoncello. L’export per l’azienda romana di distillati arriva infatti in 45 Paesi e vale ben l’85% del business.

E ora Pallini punta anche su un segmento di mercato che, soprattutto nel Nord Europa, è molto promettente, quello del low and no alcohol. Cosa che può sembrare curiosa per un nome storico dei distillati italiani (a questo proposito non si può non citare il Mistrà) ma che dimostra come anche la tradizione del made in Italy possa evolversi.

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Il successo all’estero di Limonzero

«Siamo i primi a farlo, all’estero abbiamo lanciato Limonzero circa un anno fa (in Italia invece è una novità, ndr) e ora quasi facciamo fatica a star dietro alla domanda – commenta Micaela Pallini, quinta generazione della famiglia, da dieci anni al timone dell’azienda –. Non è un prodotto semplice soprattutto per chi ha sempre lavorato con l’alcol». Limonzero è sempre a base di infuso di limone di Amalfi, ma con un tocco di zenzero in più, senza glutine e coloranti artificiali. La filiera produttiva sarà tracciata in blockchain e certificata. «Stimiamo – continua Pallini – che nel 2023 potrebbe arrivare al 5-7% dei volumi». Non poco se si considera che l’azienda produce 1,5 milioni di litri di limoncello “tradizionale” (che nel 2022 ha visto crescere le vendite del 35 per cento).

Una diversificazione che comunque secondo Pallini – che è anche presidente di Federvini dal 2021 – va ben distinta dalle «crociate anti alcol» che arrivano dall’Europa. Il segmento del no alcol potrebbe essere interessante anche per i produttori di vino, «ma il discorso in questo caso è molto diverso – commenta Pallini – e va affrontato tenendo conto del valore storico e culturale intrinseco nel nome stesso del vino, dei lunghi percorsi di costruzione di valore affrontati negli anni dalle varie cantine e denominazioni, che sono tutelate anche dal punto di vista normativo».

Il contesto difficile tra inflazione ed etichette Ue

Le aziende sono invece preoccupate dalle misure che potrebbero derivare dall’Europe’s Beating Cancer Plan della Ue. «Siamo lontani dal trovare una soluzione – dice la presidente – che a nostro avviso può essere solo quella di una educazione al consumo consapevole, di cui in Italia siamo maestri».

Tornando ai risultati dell’azienda di famiglia, Pallini li considera «entusiasmanti», ma sottolinea come siano stati ottenuti «grazie alle basi poste nel pre Covid, in un anno difficilissimo come il 2022, con le materie prime come il vetro che scarseggiavano e i costi che aumentavano in continuazione, mentre i listini potevano essere aggiornati solo in parte. I costi ora non stanno aumentando, ma rimangono alti e sono saliti del 30% contro un aumento dei nostri prezzi del 7-8%, ben sotto il livello dell’inflazione. I fatturati sono aumentati, ma le aziende hanno lasciato sul terreno molta marginalità. Anche se in questo contesto almeno per la nostra azienda rimangono prospettive positive ma anche la preoccupazione per un rallentamento che vediamo non solo in Italia: crisi e inflazione colpiscono anche all’estero».

La diversificazione con amari e gin

Nelle strategie dell’azienda non c’è comunque solo il limoncello: all’estero Pallini sta lanciando anche Amaro Formidabile: prodotto e imbottigliato negli stabilimenti storici dell’azienda ma acquisito lo scorso anno dal liquorista romano Armando Bomba, è frutto «delle 12 botaniche di cui è composto, tra cui la china rossa, il rabarbaro cinese, la rosa moscata, l'assenzio romano, la genziana, le scorze di arancia calabrese, la noce cola e l’anice stellato».

Dal lato delle partneship l’azienda privilegia produttori «con percorsi simili al suo», come nel caso dei londinesi Berry Bros & Rudd, «il più antico “Wine Merchant” di Londra, produttori di Gin No.3, il London Dry Gin distillato di casa Pallini, decretato dall'Isc (International Spirits Challenge) come The World's Best Gin» e che è «al centro di alcuni degli eventi speciali organizzati da Pallini per coinvolgere sia bartender che consumatori». Uno di questi è “L'aperitivo perfetto”, iniziativa in cui «bartender e chef di tutta Italia collaborano insieme per creare food pairing originali e di qualità».

La storia di un brand familiare

Le radici della Pallini affondano in quella di una delle tante distillerie familiari dell’Italia dell’800. Nicola Pallini, nato a Civitella del Tronto nel 1851, fonda l’Antica Casa Pallini ad Antrodoco, paese al confine fra Lazio e Abruzzo, dove in piazza si può ancora ammirare il Palazzo Pallini. Nel 1922 suo figlio Virgilio trasferisce la distilleria a Roma, nei pressi del Pantheon, e rende negli anni il Mistrà Pallini leader tra gli anici nella capitale. La terza generazione sposta poi la produzione nell’attuale stabilimento di Via Tiburtina e iniziano le esportazioni dei prodotti Pallini in America. Nel 2001 Micaela Pallini, rappresentante della quinta generazione della famiglia si unisce all'azienda e crea la squadra che aiuterà a rendere il Limoncello Pallini il secondo più venduto al mondo.

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