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Pechino chiude i rubinetti: niente più aiuti, l’auto elettrica va da sola

Nel 2023 è il primo settore tra quelli sostenuti dalle autorità centrali a dover dimostrare di saper affrontare il mercato globale. Per la Cina è un cambio di passo importante.

di Rita Fatiguso

3' di lettura

In un'economia pianificata - e quella socialista con caratteristiche cinesi non fa eccezione - gli aiuti statali sono la regola. Ma le aziende cinesi non possono essere sostenute a vita e così da quest’anno l’industria dei veicoli a nuova energia di cui la Cina detiene oltre il 55% delle vendite dovrà camminare da sola. Pechino da tempo ha fissato le priorità di certi settori, l’auto elettrica, lo spazio, la sicurezza dei dati e le infrastrutture informatiche per citarne alcuni, entro il 2025, ovvero la fine del 14esimo Piano.

Evergrande ha cercato di inserirsi anche nel mercato dell’auto elettrica

Il ruolo della NDRC

Molti fondi, tuttavia, anche in un settore di successo come l’auto elettrica, sono finiti nelle mani sbagliate, come dimostra il tentativo del gigante del mattone, Evergrande, oberato dai debiti, di riciclarsi come produttore di auto verdi.

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In parallelo alla pianificazione generale, tocca alla National and development reform commission (NDRC), braccio armato dell’economia del Partito, entrare nel dettaglio dei progetti in base ai fondi messi a disposizione dal Tesoro. He Lifeng, capo della NDRC, destinato a prendere il posto di Liu He, alla sua ultima missione da plenipotenziario dell'economia al World Forum di Davos, è la persona che meglio conosce questo meccanismo destinato a riperpetuarsi nel segno dell’autarchia, il leit motiv del piano che scade nel 2025.

La marcia “verde”

La Cina ha presentato un piano di sviluppo ad hoc per la sua industria dei veicoli a nuova energia per il periodo 2021-2035 che punta ad accelerare la trasformazione del Paese in una potenza automobilistica. Cinque i compiti strategici: migliorare la capacità di innovazione tecnologica, costruire ecosistemi industriali di nuovo tipo, avanzare nell’integrazione e sviluppo industriale, perfezionare il sistema infrastrutturale e approfondire l’apertura e la cooperazione.

la Cina punta al 20% di veicoli a nuova energia tra le vendite totali di nuovi veicoli entro il 2025 per puntare entro il 2035 a far sì che le automobili esclusivamente elettriche diventino la voce principale tra le nuove vetture vendute, mentre quelle del trasporto pubblico dovranno essere esclusivamente elettriche.

Il Paese ha mosso le sue pedine e ora è il caso che i produttori di auto elettriche procedano in piena autonomia. Pechino chiude i rubinetti.

La vera frenata agli aiuti è stata sul fronte dell’internazionalizzazione

Basta fondi a pioggia

Una pioggia di denaro, infatti. si è riversata negli ultimi anni su molti settori, innescando le proteste degli investitori stranieri in Cina, costretti a subire una palese disparità di trattamento e per questo il Cae, il trattato sui reciproci investimenti rimasto congelato faceva della apr condicio un punto forte.

Pechino, però, ha fatto tesoro degli errori del recente passato quando gli aiuti come un boomerang si sono spesso rivolti contro gli stessi obiettivi della pianificazione: risorse sprecate, mal gestite, specie a livello locale si sono rivelate un fallimento.

A crescere, in molti casi, è stato solo il debito, specie quello degli enti locali che devono co-finanziare le opere.Accanto alla dote degli aiuti strutturali in favore di certi settori vanno considerati anche quelli straordinari, in particolare fiscali e contributivi.

Dal 2020 in poi Pechino ha usato l'accetta per tagliare o congelare tasse per dare la possibilità alle imprese di prendere fiato in vista della ripresa post Covid-19.

Fortunatamente, in questo caso, le aziende straniere sono state equiparate a quelle cinesi e a usufruirne sono state quelle più forti in Cina, tedesche e americane in primis.

C'è, forse, un solo versante sul quale le cose sono davvero cambiate per sempre e cioè quello le imprese cinesi all'estero. Da tempo Pechino ha deciso di cambiare registro intanto valutando la reale portata dell'investimento, la sua economicità, profittabilità e il raggiungimento dei target. Il Go Global ha dovuto fare a meno di asset e di aiuti un tempo considerati cruciali.


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