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Per il gas la crisi non è finita: febbraio 2024 sarà un mese critico

Le consegne per il prossimo febbraio sono quotate oltre i 50 euro/MWh e in quel momento le scorte, ora abbondanti, potrebbero non essere sufficienti se l'inverno dovesse essere rigido. L'unica certezza sarà l'instabilità e chi rischia di più è l'industria energivora

di Davide Tabarelli

La nava rigassificatrice Golar Tundra a Piombino (Imagoeconomica)

2' di lettura

Ha dell’incredibile quanto accaduto l’anno scorso, con il taglio delle forniture di gas dalla Russia che, bene o male, è stato superato dall’industria energivora italiana facendo salti mortali, tuttavia, meglio non cedere a facili ottimismi, perché la crisi non è finita. I prezzi del gas sono si tornati a 35 euro per megawattora (MWh), addirittura un decimo dei picchi di un anno fa, ma rimangono ancora di gran lunga superiori alle medie di lungo termine di 20 euro. I mercati a termine indicano che quest’inverno le cose non saranno semplici, perché le consegne per febbraio 2024 sono quotate oltre i 50 euro/MWh.

È quello il momento critico, quando le scorte, ora abbondanti, potrebbero non essere sufficienti, dovesse esserci un inverno rigido, il contrario di quanto accaduto l’anno scorso. Nel superare la crisi, il caldo eccezionale ci ha aiutato, volendo fare stime grossolane, almeno per un terzo. Un altro terzo l’ha fatto il risparmio dei consumatori finali, sia famiglie che imprese, diventati molto efficienti e capaci di sfruttare le marginali flessibilità per utilizzare combustibili alternativi, dalla legna nelle stufe a casa, al carbone delle grandi centrali termoelettriche, passando per il Gpl in alcune fabbriche. Il rimanente terzo l’ha fatto la diversificazione delle forniture di gas, con la realizzazione in tempi record, per l'Italia, del rigassificatore di Piombino, con l’aggiunta dei volumi da Africa, Azerbaijan e da Usa. Dispiace non poter elencare fra le soluzioni un elemento che, da una parte, è il buon senso che lo suggerisce e che, dall’altra, lo abbiamo sentito auspicare dalla politica per mesi durante la crisi. È la produzione nazionale di gas che potrebbe esser superiore di almeno 10 miliardi di metri cubi anno e, invece, anche nel 2023 è ferma al minimo storico di 3 miliardi di metri cubi, il valore che si verificò nel 1954.

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L’aumento della produzione nazionale, peraltro, doveva andare a beneficio di alcuni settori ad alto consumo di energia, fra cui la ceramica. Vale ricordare che il prezzo medio del gas nel 2022 è stato di 132 euro/MWh, mentre il costo di produzione del gas in Italia può essere ragionevolmente stimato in 5-10 euro/MWh. Il sistema gas è tirato, sovrautilizzato e basta poco, come uno sciopero nell’altra parte del mondo, per fare schizzare le quotazioni. Manca capacità di riserva nel caso di un problema tecnico, di un’interruzione, di una forte impennata dei consumi per il freddo. In sostanza, per il prossimo inverno l’unica certezza è l’instabilità, per quanto attenuata e chi rischia di più è la nostra industria energivora quella che garantisce, nell’energia, innovazione per il futuro dell’Italia, che tutti vogliamo più sostenibile.

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