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Pnrr, il Governo: «Sul Pnrr ci controlla la Ue, non la Corte dei conti»

Il sottosegretario all’Economia Federico Freni spiega le ragioni degli emendamenti dell’Esecutivo per frenare la magistratura contabile: “Intralciano la trattativa con Bruxelles”

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Freni: Pnrr da riorganizzare per riallocare la spesa

2' di lettura

“Sul Pnrr i controlli sono prima di tutto quelli della Commissione europea. In questa fase delicata, serve una collaborazione istituzionale tale da non pregiudicare alcun elemento della trattativa alla luce di verifiche che non sono quelle tipiche della Corte dei conti”. Nel suo intervento al Festival dell’economia di Trento nel panel dedicato a “Osservatorio Pnrr, bilancio e prospettive”, il sottosegretario al Mef, Federico Freni, sceglie le parole più dirette per motivare il progetto del Governo di limitare i controlli della Corte dei conti sugli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

In arrivo, come anticipato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore, ci sono gli emendamenti dell’Esecutivo per prorogare lo scudo erariale e per limitare l’azione del collegio del controllo concomitante. Si tratta delle verifiche in corso d’opera che i magistrati contabili avrebbero dovuto avviare fin dal 2009 e che sono diventati operativi solo nel 2021 proprio per accompagnare l’attuazione del Piano.

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La loro declinazione pratica non è però piaciuta all’Esecutivo, soprattutto la delibera che ha contestato “il mancato raggiungimento della milestone” relativa alle stazioni di rifornimento a idrogeno per il trasporto stradale, evocando dunque la responsabilità dirigenziale per il rischio di perdere il relativo finanziamento comunitario.

Il primato dei controlli europei su quelli interni

Freni esplicita la necessità di garantire “una primazia dei controlli europei sui controlli nazionali” per evitare che obiezioni dei magistrati contabili finiscano per trasformarsi in ostacoli ulteriori nel già complicato negoziato con la Commissione Ue.

Ma il sottosegretario all’Economia va oltre. E spiega che gli esiti delle verifiche nazionali possono essere viziati anche “da alcune difficoltà del sistema Regis”, la piattaforma telematica del Mef dedicata al censimento delle misure del Recovery, che possono aver indotto le autorità di controllo a basarsi su “dati non corretti”.

Anche Freni, come aveva già fatto il ministro che ha la delega al Pnrr, Raffaele Fitto, sottolinea dunque l’esigenza di una “collaborazione istituzionale costruttiva”.

Sul cantiere aperto della riscrittura del Piano, Freni rassicura: “Nelle prossime settimane la proposta italiana arriverà in porto”. Nell’ottica della “flessibilità” nell’uso di tutti i fondi europei a disposizione del Paese, chiesta a più riprese dal Governo, il sottosegretario anticipa inoltre che lo slittamento già annunciato da Fitto del termine per l’aggiudicazione del 100% dei lavori relativi agli asili nido potrà viaggiare sul binario delle risorse della coesione 2021-2027, che offrono un calendario allungato al 2029.

Stop ai microappalti, puntare su grandi filoni di intervento

Un monito ad ancorare la revisione del Pnrr “alla bussola dell’innovazione e dell’aumento della produttività” arriva nel dibattito da Luigi Paganetto, professore emerito di economia e coordinatore del Gruppo dei 20 fondato all’Università di Tor Vergata e curatore del volume “Spostare il baricentro. Pnrr, Europa e politica industriale”.

Insieme a Gloria Bartoli, economista e docente alla Luiss, nonché segretario dell’Osservatorio produttività e welfare Fondazione economia Tor Vergata, Paganetto ricorda come non ci sia altra strada per portare la crescita oltre lo “zero virgola” degli ultimi vent’anni se non quella di rinunciare ai microappalti e concentrare le risorse su pochi grandi filoni di intervento, dalla transizione ecologica alla digitalizzazione, capaci di assicurare il “salto” nella competitività e nella qualità del capitale umano che serve al Paese.


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