Quammen: la distruzione degli habitat tra le cause di possibili nuove pandemie
L’autore del bestseller “Spillover” spiega le condizioni che facilitano il salto di specie dei virus. «I leader stanno ignorando le informazioni e le loro implicazioni»
di Agnese Codignola
I punti chiave
3' di lettura
Il premio internazionale per la fotografia Sony Awards per la categoria Wildlife & Nature è andato, pochi giorni fa, allo spagnolo Luis Tato e al suo “Uomo delle locuste”. La foto ritrae un contadino africano che cerca di resistere all’assalto di miliardi di insetti: una catastrofe che ha flagellato vari Paesi nel 2020, e che è uno dei frutti avvelenati del cambiamento climatico. La pandemia, oltretutto, ha reso ancora più difficile cercare di contrastare il fenomeno, e accresciuto di molto la cosiddetta Food insecurity (cioè, l’instabilità delle scorte alimentari) di interi Paesi, dall’India all’Etiopia, fino a quello del Golfo.
Cambridge, cosa lega climate change e pipistrelli
Un altro esempio della tempesta perfetta in atto è quanto accaduto con i pipistrelli, oggetto di uno studio pubblicato su Science of the Total Environment dai ricercatori di Cambridge. I quali hanno analizzato i mutamenti della vegetazione, derivanti da quelli climatici, di Cina, Laos e Birmania degli ultimi 40 anni, e hanno così scoperto che via via molte zone si sono trasformate da aree a prevalenza di arbusti a savane tropicali e boschi di latifoglie, ovvero ad habitat ideali per i pipistrelli.
Questi ultimi hanno risposto con entusiasmo: nello stesso periodo, ben 40 nuove specie hanno iniziato a nidificare in zone dove prima erano assenti. E hanno portato con sé anche circa 100 nuovi coronavirus (degli oltre 3.000 già noti per vivere nei pipistrelli). Se si considera che ogni specie ne ospita in media, 2,7 diverse, che la caccia agli animali selvatici è in pieno vigore, che i mercati con gli animali vivi (i wet market) sono ancora aperti in decine di paesi, che l’antropizzazione del Sud Est asiatico continua a crescere, si capisce quanto sia aumentato il pericolo di spillover, cioè il salto di specie di un virus.
L’influenza aviaria
Nel frattempo un fenomeno diverso, ma sintomo della stessa condizione patologica, ha flagellato decine di Paesi, e ancora lo sta facendo: un’epidemia di influenza aviaria. Dopo essere arrivata dalla Russia in numerosi Stati europei sulle ali degli uccelli migratori, è stata ora scoperta anche in Africa.
Ogni volta, per limitare il rischio di spillover, le autorità nazionali sono state costrette a ordinare la soppressione di milioni di capi di polli e altri volatili.
La posizione di David Quammen
Clima, ambiente, virus e cibo sono insomma strettamente connessi, come ben sa David Quammen, autore del bestseller internazionale «Spillover» (edito in Italia da Adelphi), cui abbiamo chiesto se la pandemia abbia aiutato o meno a comprendere quanto sia urgente cambiare rotta.
«Per quanto riguarda l’opinione pubblica, molte persone, in tutto il mondo, hanno compreso quanto sia reale la minaccia di nuovi virus, e quali siano di fattori che contribuiscono a tali emergenze. Si è capito che alcune attività umane come la raccolta di animali selvatici come cibo e la distruzione di habitat riccamente diversificati sono tra le cause primarie degli spillover. Gli spillover, a volte, portano a focolai, e i focolai, a volte, portano a pandemie. E si è anche capito che l’effetto totale della dimensione della popolazione umana moltiplicata per il consumo di cibo umano si traduce nella distruzione di luoghi selvaggi e, potenzialmente, nel passaggio di virus dagli animali selvatici all ’uomo».
È stata una cupa presa di coscienza, aggiunge Quammen, amplificata anche dalle discussioni e spiegazioni cui partecipano ogni giorno giornalisti ed esperti scientifici e di salute pubblica. «Ma la maggior parte della popolazione umana - aggiunge - è ancora all’oscuro di queste dinamiche. E molti leader mondiali stanno ancora ignorando le informazioni disponibili e le loro implicazioni, perché quelle implicazioni – e ciò che comportano - sembrano costose, sia in denaro che in capitale politico. Anche rispetto ai costi di una pandemia, ovviamente, questi costi sono irrisori».
C’è però qualche segnale di speranza, che arriva proprio dalle persone, più che dai governanti. Il più rassicurante, secondo lo scrittore, è stato quello vissuto a fine 2020: «La sconfitta di Donald Trump alle elezioni».
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