Quei capitali dei fondi sovrani arabi che l’Europa invoca nelle fasi di emergenza
Dagli interventi del Qatar in Deutsche Bank e Barclays ai vecchi «aiuti» libici alla Fiat (e poi a UniCredit) e del Kuwait a Daimler. Quasi sempre si è trattato di interventi di ultima istanza per evitare la nazionalizzazione (come nel caso, poi fallito, di Mps)
di Alessandro Graziani
I punti chiave
2' di lettura
Quando una società europea si trova in difficoltà, ecco spuntare i capitali dei fondi sovrani del Qatar, del Kuwait, di Abu Dhabi. Pur avendo a disposizione grandi risorse da investire, non sempre sono bene accetti. Ma quando le grandi società, e più spesso le grandi banche, faticano ad attrarre fondi dal mercato dei “capitali occidentali” e lottano per evitare l'onta della nazionalizzazione ecco che scatta la chiamata di ultima istanza a un fondo sovrano arabo.
Il probabile intervento del fondo del Qatar a sostegno del problematico aumento di capitale di Credit Suisse è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di interventi di emergenza richiesti da società europee.
I primi interventi
I primi interventi risalgono al secolo scorso e in particolare alla metà degli anni ‘70 quando, durante la grande crisi economica, i capitali iraniani furono decisivi per salvare il colosso tedesco Krupp (fu ceduto il 25% del capitale) e il fondo del Kuwait entrò con il 15% nel capitale di Daimler Benz. Nello stesso periodo in Italia una Fiat in gravi difficoltà fu costretta, non senza polemiche, a far entrare con il 10% del capitale la Banca Centrale della Libia del colonnello Gheddafi.
Molti anni dopo il fondo sovrano libico entrerà con una quota del 5% del capitale anche in UniCredit, alle prese con le prime difficoltà post-espansione nell’est europeo. Fu solo uno dei primi Interventi degli arabi nel capitale delle grandi banche che in Europa divenne ben più ramificato ed ampio durante la grande crisi finanziaria partita nel 2007-2008 a seguito del crack di Lehman Brothers.
Deutsche Bank e Barclays
Sia negli Stati Uniti che in Europa, quasi tutte le banche furono costrette ad accettare aiuti di Stato o temporanee nazionalizzazioni. Le uniche a opporsi orgogliosamente all'intervento dello Stato furono la tedesca Deutsche Bank, costretta nel decennio scorso a più ricapitalizzazioni con il provvidenziale sostegno del fondo sovrano del Qatar. Lo stesso fondo arabo risultò decisivo per consentire alla banca inglese Barclays di evitare la nazionalizzazione e varare una ricapitalizzazione “privata”. In una fase di mercato in cui sembrava quasi impossibile varare un aumento di capitale di mercato, il fondo sovrano del Qatar accettò di investire ben 4 miliardi nel capitale di Barclays.
Dopo lunghe investigazioni delle Autorità britanniche, è risultato che in effetti quell'operazione si configurò come un prestito più che un investimento nel capitale. E proprio pochi giorni fa la Financial Conduct Authority (Fca) inglese ha sanzionato Barclays per avere occultato i dettagli di quell’operazione. Gettando qualche ombra sull’intervento del Qatar che, non va dimenticato, era stato tirato in ballo anche come possibile salvatore in extremis dell'italiana Monte Paschi nel suo ormai penultimo aumento di capitale. Ma l'ipotesi sfumò e, a differenza di Deutsche e Barclays, Mps fu salvato grazie all'intervento dello Stato.
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