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Rallenta la crescita delle emissioni. Ma non è ancora sufficiente

Lo sciopero di Fridays for Future torna a sottolineare l’urgenza dell’azione: le emissioni continuano ad aumentare. Entro il 2025 devono iniziare a calare

di Elena Comelli

Afp

3' di lettura

Il nuovo sciopero mondiale per il clima dei Fridays for Future è fissato per venerdì 23 settembre e ancora una volta i ragazzi di tutto il mondo coglieranno l’occasione per ricordarci le future devastazioni a cui andiamo incontro per colpa dell’emergenza climatica.

Le emissioni globali di gas serra, intanto, continuano a salire. Nel 2021 sono aumentate del 6% a 36,3 miliardi di tonnellate, il livello più alto mai raggiunto nella storia: l’aumento di oltre 2 miliardi di tonnellate rispetto al 2020, dovuto al rimbalzo post-Covid, è stato il più grande mai accaduto in termini assoluti e ha più che compensato il declino indotto dalla pandemia dell’anno precedente, secondo l’analisi dell’International Energy Agency.

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In Europa le emissioni di CO2 hanno continuato ad aumentare anche nel primo trimestre di quest’anno rispetto a quanto registrato nei due anni precedenti, logica conseguenza della ripartenza di molti settori economici che tra il 2020 e il 2021 avevano tirato il freno a causa della pandemia.

Picco di emissioni

Secondo i dati diffusi da Eurostat, nel primo trimestre dell’anno sono stati rilasciati 1.029 milioni di tonnellate di CO2 nell’Unione Europea, rispettivamente il 7% e il 6% in più rispetto a quanto avvenuto nel 2020 e nel 2021. Siamo però ancora al di sotto del periodo pre-Covid: nel primo trimestre 2019 era stata raggiunta quota 1.035 milioni di tonnellate.

La buona notizia è che nell’ultimo decennio il tasso di crescita delle emissioni globali ha cominciato a rallentare, in base ai calcoli dell’Ipcc. Ma non basta ancora. Il 2025 è l'anno in cui dovranno imperativamente smettere di crescere e cominciare a diminuire, se vogliamo mantenere il livello di surriscaldamento del pianeta entro 1,5°C, secondo l’ultimo rapporto del panel di scienziati Onu.

Nel 2025, dice il rapporto dell’Ipcc, dobbiamo raggiungere il picco delle emissioni globali e poi la curva dovrà precipitare del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010, se vogliamo avere qualche possibilità di arginare l’emergenza climatica. Per farlo, dobbiamo aumentare da tre a sei volte gli investimenti nella transizione energetica, altrimenti sarà impossibile raggiungere gli obiettivi fissati al 2030.

Il segnale della Cina

A questo fine è fondamentale, precisa il rapporto, varare politiche di sostegno alla transizione e cambiare i nostri stili di vita, il che migliorerebbe la nostra salute e il nostro benessere, oltre a tagliare le emissioni del 40-70% entro il 2050.

Su questo fronte i primi segnali ci sono. In Cina, nel secondo trimestre del 2022 le emissioni sono calate dell’8%. Una cifra da record, la più alta almeno da dieci anni a questa parte, sia in termini relativi che assoluti. Che prolunga una curva in discesa ormai da un anno. E supera anche la decrescita registrata nei primi tre mesi del 2020, quando Pechino aveva subìto il colpo peggiore con i lockdown per il Covid-19.

Le cause sono diverse, in parte legate alla corsa dell'energia pulita e in parte dovute all'intreccio di crisi energetica e pandemica. «L'ultimo calo trimestrale è stato determinato dal continuo crollo immobiliare, dalle severe misure di controllo del Covid, dalla debole crescita della domanda di elettricità e dalla forte crescita della produzione rinnovabile», spiega Lauri Myllyvirta in un'analisi per Carbon Brief.

Le due voci principali che hanno trainato verso il basso le emissioni cinesi sono trasporti e cemento. È crollato dell'11% l'output delle raffinerie tra aprile e giugno, segnale del peso che hanno avuto sul traffico veicolare i lockdown per Covid-19, sempre più numerosi con la politica Zero Covid voluta dal presidente Xi Jinping.

Il ruolo delle rinnovabili

Nello stesso periodo, è crollato il contributo emissivo del cemento e dell'acciaio. La produzione del primo è scesa del 18%, per effetto della crisi immobiliare cinese.

E’ sceso del 6% anche l'uso di carbone per le centrali elettriche, il che dipende dalla combinazione di una crescita della produzione da rinnovabili e da una aumento molto modesto della domanda elettrica. Il carbone, quindi, cresce poco, mentre eolico e solare hanno continuato a macinare record mensili.

Il prossimo trimestre potrebbe avere dati diversi, ma è un fatto che la corsa delle rinnovabili potrebbe anticipare parecchio il picco cinese delle emissioni, che in teoria è previsto per il 2030, secondo i piani di Xi Jinping. Nel 14° piano quinquennale (2021-2025) per la transizione energetica, varato in giugno, si prevede infatti un aumento di ben 150 terawattora annuali di produzione da rinnovabili entro il 2025, un salto del 50% in più rispetto al piano precedente, in base ai calcoli di Carbon Brief. Il che equivale ad aggiungere circa 100 gigawatt di fotovoltaico ed eolico all’anno, da qui al 2025.

Si tratta di un obiettivo gigantesco, che potrebbe facilmente portare la Cina a raggiungere il picco delle emissioni ben prima di quanto previsto.

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