Rc auto, danno parentale, dalla Cassazione un «assist» alle tabelle di Roma
Sì a criteri che lascino meno spazio alla discrezionalità rispetto alla tabella milanese. Punto variabile secondo parametri fissi: età, grado di parentela e convivenza
di Maurizio Hazan
3' di lettura
Neanche il tempo di verificare gli impatti delle recenti novità sul risarcimento del danno non patrimoniale da lesione fisica (nuova tabella “milanese” e proposta Mise di tabella unica di legge con separata e non automatica liquidazione del danno morale) che di fatto la Cassazione riporta in auge la tabella “romana”, anche se solo per il danno parentale. La sentenza 10579/2021 del 21 aprile afferma l’inadeguatezza del metodo milanese e pare destinata ad alimentare dibattiti e possibili difficoltà operative.
Per la Corte, i criteri di risarcimento di Milano (si veda la scheda a destra) sarebbero troppo laschi per quell’esigenza di uniformità dei giudizi sui cui dovrebbe fondarsi il metodo tabellare, che dovrebbe attuare il principio generale della valutazione equitativa (articolo 1226 del Codice civile). La sentenza richiede una tabella “puntuale” e in grado di dare risultati il più possibile esatti, prevedibili e uniformi, per situazioni sostanzialmente omologabili, senza troppi spazi per valutazioni personali che potrebbero sconfinare in libero arbitrio.
Il sistema milanese ha ampie forbici di valore, realizzando «una sorta di clausola generale, di cui si è soltanto ridotto, sia pure in modo relativamente significativo, il margine di generalità» senza consentire un apprezzabile concretizzazione dei risultati nelle singole fattispecie di danno.
Così la sentenza raccomanda una tabella basata sul sistema a punti, con possibilità di applicare sull’importo finale correttivi per la particolarità della situazione. La Cassazione dà quattro requisiti: criterio “a punto variabile”; estrazione del valore medio del punto dai precedenti; modularità; elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (almeno età di vittima e superstite, grado di parentela e convivenza) e dei relativi punteggi.
L’obiettivo pare un totale depotenziamento della tabella milanese, a favore di quella romana, che adotta un sistema “a punti” (il cui singolo valore è stato attualizzato nel 2019 a 9.806 euro) che attribuisce a ciascun danneggiato un conteggio risultante dalla somma di quelli per età, parentela, convivenza e presenza di altri famigliari conviventi. Un metodo che, se non adeguatamente temperato, porterebbe a meccanismi esasperatamente automatici e a poca selezione (potrebbero chiedere il risarcimento anche zii, nipoti e cugini). Il rischio è un rilevante scollamento dalle riserve sinora allocate dalle compagnie.
La sentenza è ancora isolata, ma ha molta forza, perché strutturata con la volontà e la consapevolezza di imprimere un «mutamento evolutivo della giurisprudenza di legittimità sulle controversie allo stato decise nel grado di merito sulla base del precedente indirizzo e dunque delle tabelle milanesi». Ma con rischio di condotte speculative, secondo le risultanze dell’una o dell’altra tabella.
La sentenza non pare del tutto immune da censure. Il danno parentale, a matrice sofferenziale individualissima e sempre variabile, poco si presta a valutazioni puntuali esasperatamente meccaniche: si tratta di dare “faccia e numeri” a pregiudizi di gravità tale da non esser di per sé misurabili, tantomeno in termini di equivalente monetario. Così si può discutere se sia davvero opportuno immaginare soluzioni (più) “esatte” rispetto al metodo milanese, che si arrende all’inevitabile versatilità delle casistiche, lasciando al giudice il compito di valutare preoccupandosi solo di contenere il limite massimo (salvo fattispecie eccezionali). La regola più “bilancistica” di Roma ha il pregio di una maggior prevedibilità ma sconta l’opinabilità di un metodo teso a dare meccanicamente coefficienti di risarcibilità a convivenza, età e grado di parentela, mentre invece le fenomenologie parentali sono complesse e sempre diverse. Non sempre la regola equitativa può esser convertita in una rappresentazione “numerica” o casisticamente esatta e il metodo milanese lo aveva capito.
IL METODO DI MILANO
Il danno da perdita o compromissione del rapporto parentale è risarcito a chi abbia sofferto per aver perso un congiunto (o per aver visto deteriorato il rapporto, per grave menomazione fisica) a seguito di un illecito di terzi. La tabella di Milano - finora considerata il parametro “paranormativo” di riferimento, dati il suo utilizzo diffuso e la sua vocazione nazionale (Cassazione, sentenza 12408/2011) - valuta il danno parentale non con la tecnica del punto variabile (utilizzata per il danno biologico) ma limitandosi a individuare alcune forbici di valore per categorie di congiunti. Nell’ambito di tali range il giudice può individuare la misura concreta del risarcimento del danno in funzione di quanto provato da chi affermi di averlo patito e del grado di sofferenza e di sconvolgimento del rapporto nel singolo caso di specie. Così, ad esempio, nell’edizione 2021 delle tabelle milanesi al coniuge è riconosciuto un risarcimento oscillante fra 168.250 e 336.500 euro. Il potere equitativo del giudice rimane dunque molto esteso, anche se non sconfinato, in quanto normalmente contenuto entro i valori di soglia espressi dalla tabella. Valori che potrebbero peraltro esser superati, in caso di danni di eccezionale gravità, o addirittura azzerati nelle ipotesi limite in cui, a dispetto di ciò che normalmente accade, la perdita di un congiunto non abbia portato ad alcuna sofferenza (ad esempi, in ragione di pregressi rapporti di astiosa avversità)
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