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Risparmio, a Bruxelles fumata nera sulle retrocessioni alle reti di consulenti

Nessun passo avanti nel tavolo di giovedì alla direzione stabilità finanziaria della Commissione: le posizioni tra gli Stati restano distanti

di Antonio Criscione

2' di lettura

La Commissione Ue sperava in uno spiraglio in favore dell’abolizione degli inducement (la retribuzione con cui le società che creano i prodotti finanziari pagano le reti di distribuzione, retrocedendo parte delle somme ricevute dai clienti) dalla riunione di giovedì la presso la Fisma (direzione generale della stabilità finanziaria e dei servizi finanziari della Commissione europea). Ma da quanto risulta al Sole 24 Ore questa apertura non c’è stata, anzi data la barriera alzata dalla gran parte degli Stati rispetto a questa soluzione, la riunione si è conclusa con un certo anticipo e neanche tutte le questioni poste alla platea (erano coinvolti: gli Stati, l’industria, i consumatori) sono state trattate.

Le questioni sul tavolo

La Commissione aveva infatti preparato un set di quattro domande. Tra l’altro era stato chiesto ai presenti se fossero d’accordo con la valutazione che le attuali norme relative al pagamento di incentivi agli intermediari non attenuino sufficientemente i potenziali conflitti di interesse e i danni per i consumatori. Ma poi era stato chiesto quale fosse ritenuto il modo più appropriato per affrontare questo problema e se un divieto totale di incentivi possa essere un rimedio appropriato. La Commissione però ha chiesto anche quali potrebbero essere le misure alternative per affrontare il problema in modo appropriato (ad esempio una maggiore divulgazione) e quali potrebbero essere le misure necessarie ad accompagnare un eventuale divieto, come ad esempio, quelle volte a garantire comunque la disponibilità di consulenza (ad esempio, introducendo il concetto di “consulenza semplice” o regole per la consulenza personale).

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Dunque un insieme di questioni molto articolato, ma dopo il primo round, in cui si erano discusse solo le prime domande, la riunione è stata chiusa, con la “promessa” che sarebbe stata fatta una riflessione sui contributi ricevuti. Uno stop che è stato interpretato da molti come un segnale di difficoltà da parte degli uffici Ue.

Le posizioni degli Stati

Quanto alle posizioni espresse, risulta al Sole 24 Ore, si sono espressi contro il ban: Germania, Italia, Austria, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Belgio, Slovenia, Cipro, Lettonia e Francia. “Orientati” contro il ban: Spagna, Estonia, Grecia, Lettonia e Malta. Orientati a favore del ban solo la Finlandia ed esplicitamente a favore invece la sola Olanda, che è anche l’unico stato europeo che ha scelto già normativamente questa strada (lo aveva fatto anche il Regno Unito, che come si sa, è però uscito dalla Ue). Tutti gli altri Stati o non sono intervenuti o si sono dichiarati neutrali.

I prossimo passi

Ora starà agli uffici della Commissione trarre le conclusioni e trovare una soluzione per questa situazione che obiettivamente sembra essersi incartata. Dopo il confronto al calor bianco appare più difficile immaginare un’abolizione tout court delle retrocessioni. Se alla fin fine la strada si mostrasse impraticabile, la commissione potrebbe utilizzare le altre due leve che ha a disposizione: alzare l’asticella dei servizi che giustificano il pagamento della retrocessione (come è già stato fatto in occasione sia della Mifid che della Mifid2) e dare una sterzata decisiva sulla trasparenza dei costi. Proprio sulla trasparenza, che in realtà è già prevista, le precedenti normative hanno mostrato la corda.

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