Rotterdam, Anversa e Amburgo: megaporti e campioni di sostenibilità
Sono colossi marittimi continentali: in passato inquinatori, oggi sono diventati perle green da visitare e da vivere. Ecco come
di Enrico Marro
5' di lettura
Le tre porte d’Europa sono affacciate sul Mare del Nord, a poche centinaia di chilometri di distanza tra loro. Un quarto del traffico marittimo europeo passa da quei tre titanici varchi: l’olandese Rotterdam, la maggiore con 441 milioni di tonnellate di merci movimentate nel 2018; Anversa, principale fonte della ricchezza belga (212 milioni di tonnellate) e la tedesca Amburgo (118 milioni di tonnellate).
Fino a qualche decennio fa i tre giganti del mare del Nord erano tra i luoghi più inquinati d’Europa. Circondati da enormi impianti industriali e petrolchimici, riuscivano a violentare l’ambiente in ogni modo: dalle emissioni atmosferiche alla produzione di rifiuti, dagli scarichi nelle acque all’inquinamento acustico. Dagli anni Settanta si è fatta strada una sensibilità ecologica che - prima a piccoli passi, poi a grandi falcate - ha cambiato volto ai tre porti e alle tre grandi città che li abbracciano. Ormai diventati campioni di sostenibilità, i tre scali saranno destinati a tagliare nuovi traguardi nelle tecnologie verdi anche grazie alla “Sustainable and Smart Mobility Strategy”, varata dalla Ue il 9 dicembre.
Rotterdam, regina dell’economia circolare
Situata per tre quarti sotto il livello per mare, abituata da sempre a lottare con le acque, rasa completamente al suolo dalla Luftwaffe tedesca nel 1940, Rotterdam ha fatto di resilienza e operosità le sue parole d'ordine. Ricostruita con mano futuristica tanto da meritarsi l’appellativo di “Manhattan sulla Mosa” e dotata dagli anni Cinquanta di un sistema di dighe che farebbe invidia a Venezia, la seconda città olandese è diventata il primo porto d’Europa (e fino al 2004 del mondo) non solo grazie alla sua straordinaria posizione geografica - affacciata sul Mare del Nord e intrecciata ai delta di Reno e Mosa - ma anche alla carica imprenditoriale dei “Rotterdammer”, incarnata dal motto locale «Niet lullen, maar poetsen», meno chiacchiere e più fatti.
È con questo spirito che il gigantesco scalo - profondo 40 chilometri, con distese di container che si perdono all’orizzonte e foreste di gru navali, e che dà lavoro a 385mila persone - vuole diventare il laboratorio mondiale di innovazione nell’economia circolare. Nonostante l’aumento del traffico, nel biennio 2018/19 il polo industriale portuale ha abbattuto le emissioni del 13,6% (4,2 milioni di tonnellate). Dal 2005 al 2018 le sole raffinerie hanno ridotto del 20% la CO2, a fronte di un aumento della produzione del 4%.
«Abbiamo previsto tre fasi per la nostra rivoluzione green - spiega Sjaak Poppe, portavoce del Porto di Rotterdam per la transizione energetica -: adeguamento delle infrastrutture, transizione energetica e passaggio completo a un’economia circolare. Il primo step prevede la costruzione di una fitta rete di speciali tubature per connettere tutti gli impianti industriali dell'area tra loro e con il Mare del Nord, dove verrà stoccata la CO2 “catturata” durante i processi produttivi. Le condotte serviranno anche a utilizzare il calore prodotto dall’industria per riscaldare le abitazioni. La seconda fase punta a fare di Rotterdam un hub internazionale per la produzione e il trasporto di idrogeno, ottenuto grazie all'energia pulita prodotta dagli impianti eolici in costruzione nel Mare del Nord, oltre che importata. Il terzo stadio è quello dell’economia circolare vera e propria: un ecosistema in cui trasformeremo ogni tipo di scarto industriale (calore, vapore, rifiuti, CO2) in energia, carburanti green o materie prime».
Lo spirito “green” del porto si rispecchia fedelmente nella città, pronta a un futuro in cui l’innalzamento delle acque dovuto al climate change cambierà per sempre il volto di Rotterdam. Ecco quindi la prima fattoria galleggiante, inaugurata nel 2019 con una quarantina di mucche; il “Floating Office” a zero emissioni, ma anche le Havenlofts, le case sull’acqua della zona di Nassauhaven, oltre che l'incubatore per startup “circolari” BlueCity. Nella vicina Kralingen c’è poi il più grande parco solare galleggiante del mondo, Evides, con 4800 pannelli fotovoltaici che come girasoli “seguono” la luce del sole producendo ogni anno due milioni di kWh di energia verde: quanto basta per 650 appartamenti.
Anversa, diamante di sostenibilità
L’elegante Anversa dei diamanti e di pittori fiamminghi come Rubens e van Dyck - ma anche di architetture avveniristiche come la Port House di Zaha Hadid - ospita il vero motore dell’economia belga: il secondo porto continentale, che a 80 chilometri dal mare e attraversato dal fiume Schelda, si trova in una posizione logistica invidiabile per rifornire il cuore dell’Europa.
Anche qui la sostenibilità domina gli investimenti: a partire dalla transizione energetica, con 69 turbine eoliche, l’impianto fotovoltaico di Kallo e la costruzione dal 2022 di uno stabilimento che a regime sarà in grado di produrre 8mila tonnellate annue di metanolo usando la CO2 catturata. Si prevede anche il riutilizzo del calore prodotto dalle industrie chimiche (Anversa rappresenta il secondo cluster mondiale del settore), mentre un consorzio di società pubbliche e private sta lavorando a progetti sul fronte dell'idrogeno.
Un’altra partnership mette assieme società del calibro di Air Liquide, Basf, ExxonMobil e Total per cercare entro il 2030 di “catturare” e immagazzinare metà delle emissioni di CO2 del porto. Grande attenzione viene inoltre dedicata agli ecocombustibili navali, sia a livello di infrastrutture di rifornimento sia con l’ammodernamento della flotta di rimorchiatori portuali (che hanno abbattuto del 32,5% le emissioni di CO2), uno dei quali sarà il primo al mondo a idrogeno.
Amburgo, polmone verde da cent’anni
Punta decisamente sul digitale lo “smartport” di Amburgo: “Tor zur Welt” (la porta sul mondo, come lo chiamano i tedeschi) si trova sul fiume Elba, a 110 chilometri dal Mare del Nord. È il terzo scalo in Europa ma il primo per traffico ferroviario, dà lavoro a 156mila persone e nel medio termine investirà tre miliardi di euro in nuove infrastrutture. Efficienza energetica, rinnovabili e mobilità sostenibile sono al centro della green transformation del porto, con un’attenzione particolare alla logistica intermodale “smart” resa possibile dalla raccolta e analisi di big data.
La seconda città tedesca non è da meno: già premiata come Green Capital europea nel 2011, Amburgo è - nonostante i suoi quasi due milioni di abitanti - da oltre un secolo uno dei centri più ecologici della Germania. Fu infatti nel 1919 che l’urbanista Fritz Schumacher progettò i rivoluzionari “corridoi verdi” circolari e radiali in grado di unire i nuovi quartieri residenziali con la campagna. Una città ideale con parchi, giardini e soprattutto alberi (oggi ce ne sono 250mila) a cui il centro anseatico è rimasto fedele anche nella ricostruzione del secondo dopoguerra.
Nel 2001 sono iniziati i lavori per una delle più grandi opere di riqualificazione urbana d’Europa: HafenCity, progetto che sta trasformando 157 ettari di aree abbandonate del porto in un quartiere modello ecosostenibile, con tanto di miniturbine eoliche. E per il futuro Amburgo ha progetti ancora più ambiziosi. Il piano “Grünes Netz” punta entro il 2043 a eliminare quasi del tutto le auto, unendo le grandi aree green già esistenti con piste ciclabili, percorsi pedonali, giardini pubblici e parchi. Più che una città, un immenso polmone verde.
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