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Sanità e assistenza, l’11% degli italiani ha rinunciato alle visite specialistiche

Emerge dal rapporto Bes 2021. Problemi economici e difficoltà di accesso ai servizi i motivi principali. Al primo posto c’è la Sardegna (18,3%)

di Vitaliano D'Angerio

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2' di lettura

Nel 2021, l’11% degli italiani ha deciso di rinunciare alle visite specialistiche. Un dato in aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente: sono 765mila persone in più (escluse le visite dal dentista). È quanto ha certificato l’Istat nel rapporto Bes 2021, ovvero il dossier sul benessere equo e sostenibile dell’Italia. Al primo posto per rinunce c’è la Sardegna con il 18,3% della popolazione che ha rinunciato agli accertamenti, seguita da Abruzzo (13,8%) e Molise a pari merito con il Lazio (13,2%). Motivo delle rinunce? «Problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio», si legge nel Bes.

A rinunciare sono gli anziani

A rinviare o dire di no in via definitiva alle visite specialistiche, sono soprattutto le persone più anziane. «Si passa dal 14,6% dei 55-59enni – viene spiegato – che hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare ad almeno una prestazione sanitaria di cui aveva bisogno, al 17,8% nella fascia con più di 74 anni, mentre la percentuale è più contenuta tra i più giovani (7,9% nella fascia di età 25-34)».

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Bene l’assistenza domiciliare

Buone notizie invece per l’assistenza domiciliare dove aumenta la popolazione che ne usufruisce. «Nel 2020 gli anziani di 65 anni e più che usufruivano di tale servizio erano circa 390mila, pari al 2,8%, con una crescita lieve ma costante rispetto agli anni precedenti – viene descritto nel rapporto Istat –. All’aumentare dell’età cresce il ricorso a tale servizio: è pari all’1% tra le persone di 65-74 anni e aumenta al 4,6% tra gli ultrasettantacinquenni».

Il servizio però non è lo stesso per tutto il territorio italiano, «considerando la fascia di popolazione più fragile, si nota che in Veneto, in Emilia Romagna, in Abruzzo, in Basilicata e in Sicilia più del 6% delle persone di 75 anni e più, usufruisce dell’assistenza domiciliare, mentre il servizio è scarso in Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano, dove gli assistiti non raggiungono la quota dell’1% degli anziani».

Stavolta quindi il gap da colmare è nel Nord Italia, e in particolare in Alto Adige e ad Aosta. Inoltre, viene segnalato nel documento «la situazione pandemica può aver favorito il potenziamento delle cure domiciliari, per compensare le difficoltà di accesso agli ospedali. In alcune regioni l’aumento è stato consistente, in particolare nel Lazio (+0,8 punti percentuali)».

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