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Si investa in ricerca e innovazione senza indugi

Il nostro grande patrimonio deve essere incanalato nel futuro , non potendo più prescindere da concetti base come sostenibilità, condivisione, integrazione, ricerca e formazione

di Evelina Christillin

Cura e precisione. Al lavoro su uno dei sarcofagi del Museo Egizio di Torino

3' di lettura

Dario Franceschini, ministro della Cultura, e Paola Dubini, accademica, hanno intitolato i loro ultimi libri, Con la cultura (non) si mangia. Giulio Tremonti, a cui era stata attribuita la paternità di tale sentenza, l’ha ancora recentemente smentita; diamogliene giustamente atto, ma utilizziamola ora come spunto per queste poche righe di riflessione sul tema.

In un Paese come il nostro, dove cultura, arte, paesaggio, sono da secoli intimamente connessi col DNA italico, parlarne è come ragionare sulla morfologia geografica e sulle vicende storiche del nostro territorio; variegate, multiformi, cangianti, antiche, ricche e affascinanti. Ogni borgo, ogni piazza, ogni chiesa, offrono testi unici per un palinsesto a cielo aperto, dove latini, greci, arabi, normanni, longobardi, bizantini e franchi hanno lasciato la loro orma indelebile in un caleidoscopio di bellezza.

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Sostenibilità, condivisione, integrazione, ricerca e formazione

Questo il passato, affacciato diacronicamente in un presente che occorre però incanalare nel futuro , non potendo più prescindere da concetti base come sostenibilità, condivisione, integrazione, ricerca e formazione. Il patrimonio, bene universale, non può e non deve essere ammirato come una stella bellissima e lontana, come qualcosa afferente a una galassia che non tocca a noi conoscere e amministrare. Ho avuto la fortuna, negli ultimi quindici anni, di lavorare in contesti che mi hanno dato la possibilità di toccare con mano le mille sfaccettature del prisma culturale del nostro Paese, dalla lirica, alla prosa, ai musei, e anche al turismo, così strettamente connesso all’identità (e anche al fatturato!) dell’Italia intera.

All’aspetto artistico-scientifico si affianchi una governance efficiente

Ebbene, in ognuna di queste esperienze, il risultato migliore si è avuto quando, all’aspetto artistico-scientifico tout court, si è affiancata una governance efficiente, capace di garantire una gestione oculata e sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Ormai, prescindere dai temi Esg (environment, social, governance) non è più immaginabile in alcun settore produttivo, cultura e sport inclusi; le banche, prima di concedere prestiti e finanziamenti alle aziende, ne verificano infatti l’effettiva affidabilità in relazione a queste “buone pratiche”.

Nessun dorma, quindi, ma applichi alla propria attività quotidiana i criteri che anche in ambito culturale possono avere sbocchi di credibilità e perfino di profitto. Come? Investendo in ricerca, formazione, internazionalizzazione, inclusione sociale, e restituzione alle realtà territoriali in cui teatri e musei sono inseriti. Tutte attività realizzabili facendo crescere gli staff scientifici, mettendo a disposizione di una comunità globale le proprie collezioni, in modo da consentire interazioni e scambi a ogni livello, rendendo fruibili i propri spazi anche a chi ha meno strumenti, economici e strutturali, per farlo, organizzando corsi di formazione e summer schools internazionali e, ovviamente, puntando in modo sempre più convinto sulla convivenza tra reale e digitale.

Citando Christian Greco, «il museo del futuro si baserà su tre colonne: il museo fisico che ha una sua valenza che mai sarà scardinata; il museo digitale che deve avere una sua curatela con una gerarchia di contenuti e deve essere inclusivo; il metaverso e le nuove tecnologie che hanno la potenzialità di creare ciò che ancora non abbiamo, per esempio immaginare uno spazio virtuale nel quale poter ricreare il paesaggio del mondo antico o vedere i quadri nei loro contesti d’origine».

Il bicentenario del museo Egizio

Ecco, è proprio partendo da qui, che all’Egizio abbiamo iniziato a immaginare il bicentenario del museo, nel 2024: digitalizzazione, restituzione, inclusione, formazione, le nostre linee guida. Cinque progetti che daranno alla città spazi nuovi e giardini al chiuso e all’aperto, fruibili gratuitamente da tutti, che apriranno nuove linee di ricerca espositiva nel riallestimento di alcune sale storiche, che presenteranno infine gli ambienti originali dei reperti esposti, proprio grazie alla digitalizzazione e al metaverso. Un investimento da 20 milioni di euro.

Missione impossibile? No, perché se la tendenza storicamente confermata è proprio quella di una gestione attenta ai principi sopra esposti, di cui tutti possano beneficiare a qualunque livello (uno studio del 2018 ha calcolato in 187 milioni di euro l’impatto economico del nostro Museo nella comunità torinese), i finanziamenti arrivano; in noi hanno creduto in primis il ministero e i soci fondatori, seguiti da molte altre imprese che hanno visto nel bicentenario non un megaevento a spot, ma un investimento serio e credibile a livello nazionale e non solo. Più che “si mangia”, vorrei quindi suggerire “ci si nutre”; di bello, di utile, per tutti.

Presidente della Fondazione, Museo delle Antichità Egizie

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