Soluzioni fra formale e streetwear per un uomo finalmente al plurale
Givenchy fra radici couture e proposte urbane, gentilezza rilassata per Lemaire e Bianca Saunders. Ma gli eccessi sopravvivono
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
Con quel che, in senso lato, continua a succedere in tema di rappresentazione del maschio e decostruzione di radicati stereotipi, è naturale che la moda viva diffuse crisi di identità. Questa stagione sono particolarmente evidenti perché mentre si afferma una spinta decisa verso la formalità, non cessa del tutto l'ubriacatura giovanilistica dello streetwear in versione lusso. In sé la dicotomia non è negativa, o da condannare: la maschilità, finalmente, si declina al plurale. La dualità oppositiva, però, richiede un piglio deciso e autoriale per essere risolta in modo incisivo, plausibile, stimolante.
Da Givenchy, ad esempio, Matthew Williams apre con quattro abiti impeccabili, dalle spalle ampie e la linea netta, realizzati in atelier in omaggio alle radici couture della maison, ma poi ritorna nei territori a lui più familiari delle stratificazioni urbane, degli sbrindellamenti da giungla d'asfalto, di un certo laissez faire da figuro cool. Le due lingue poco si parlano e poco si amalgamano, e quella che poteva essere una identità progressiva e sfaccettata rimane purtroppo un abbozzo inespresso. Peccato, perché l'intuizione alla radice ha ragione di essere, ma è tutto in potenza e non in atto, e il risultato è confuso e confondente.
Cerca un modo di evolversi al di fuori e al di là dei volumi giganteschi che tutti gli hanno copiato Hed Mayner, in quella che appare come una prova di passaggio, e che come tale va letta, apprezzando in primo luogo la lingua più tesa, secca, tagliente, al di là della sostanziale duplicità del messaggio. Così, mentre le enormità avvolgenti reiterano il codice, sono le giacche striminzite, come un capo da bambino indossato da un adulto, a mostrare una apertura di possibilità stilistica, una espansione lessicale. Rimane da affinare, però, l'equilibrio tra gli estremi.
Non ha problemi di identità l'uomo di Louis Gabriel Nouchi: che sia ossuto o morbido, imberbe o maturo - bella l'espansione di età e tipi fisici - è un elegante assassino in guanti di lattice e occasionali schizzi di sangue sul volto, come il protagonista di American Psycho cui la collezione è ispirata. Bluemarble unisce l'hippie urbano e lo sbrilluccicante in una formula energetica e spontanea quanto dimenticabile, mentre Bianca Saunders parte da un lessico puro e lineare che anima con tagli e dettagli che imprimono sull'abito gesti e movimenti. Il suo uomo è rilassato e gentile, ma per il momento sfugge le chiare letture.
È chiarissimo, e centrato sul prodotto, il linguaggio di Lemaire: abiti che abbracciano la figura, che la sfiorano e accompagnano con discrezione, pensati non come esercizi da passerella ma come oggetti per la vita. Da una stagione all'altra, qui, cambia poco, ma a questo giro l'esercizio è particolarmente felice, ineffabilmente amplificato dalla presentazione sotto i portici dell'università, con i modelli che arrivano da ogni direzione come passanti per strada. Non di soli equilibri vive la moda parigina, però. L'eccesso, anzi, è sempre ben rappresentato, che siano le fantasie aliene di Walter Van Beirendonck o gli uomini delle caverne con il corsetto e il sangallo di Acne Studios.
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