Spirits, il nuovo trend sono le microdistillerie di matrice artigianale
Negli USA è già boom con oltre duemila nuove distillerie previste quest'anno e nel Regno Unito l'Inghilterra ha superato la Scozia per numero di alambicchi in attività. In Italia sono ancora poche ma non per molto
di Maurizio Maestrelli
3' di lettura
Il prossimo fenomeno nel mondo del beverage alcolico, dopo quello legato alle birre artigianali che ha segnato l'ultimo ventennio, potrebbe riguardare il mondo della distillazione. I segnali ci sono tutti. Negli Stati Uniti, spesso il Paese che battezza le nuove tendenze, le microdistillerie sono passate dalle 184 unità del 2010 alle previste oltre 2200 nel 2020. In Gran Bretagna lo storico predominio numerico scozzese, patria del whisky, è stato messo in crisi dalle centinaia di nuove distillerie inglesi aperte sull'onda del successo globale del gin. E anche la Francia è in fibrillazione con una cinquantina di nuovi produttori, anche di whisky, che si affiancano alle aziende consolidate di cognac, armagnac e calvados.
Il database delle distillerie italiane
In Italia il fenomeno è sicuramente agli albori ma i primi fremiti sono già visibili. «Al momento abbiamo riscontri di tre nuove distillerie», ha spiegato Claudio Riva, uno dei massimi esperti italiani di spirits, fondatore con Davide Terziotti di Whisky Club Italia nel 2014 e da poco deus ex machina di Distillerie.it, il primo database sul settore che sta fotografando le nuove realtà e parla apertamente di “rinascita della distillazione artigianale” nel nostro Paese. «Sicuramente il 2020 vedrà la nascita di 15 nuove distillerie e altrettante sono previste nel 2021». La maggior parte di queste nuove realtà non saranno dedicate, come vorrebbe la tradizione storica nazionale, alla produzione di grappa quanto piuttosto degli white spirits più di moda come gin e vodka. Che, oltre a godere di un processo produttivo decisamente più rapido degli spirits da invecchiamento come whisky e brandy, hanno molto più mercato nel campo dei cocktail. Altro settore ultimamente in gran spolvero.
Ma se la piccola distilleria sembra destinata a sprigionare l'interesse di cui hanno goduto i birrifici artigianali, il percorso per diventare distillatori è più complicato.
La formazione
Di corsi veri e propri in Italia infatti ne esiste fondamentalmente uno, ovvero quello proposto dall'Osservatorio Interdisciplinare di Conegliano legato alla storica Scuola Enologica locale che tuttavia è a numero chiuso e accetta studenti che hanno già una formazione inerente. Esiste però un'altra strada che è quella seguita da Eugenio Belli, un trentenne laureato in Filosofia, che nel novembre del 2018 ha aperto Eugin Distilleria Indipendente a Meda, provincia di Monza Brianza. «Sono sempre stato appassionato di distillazione e per cinque anni, prima di decidermi a fare il grande salto, ero un distillatore casalingo», racconta. «Poi la decisione di diventare piccolo imprenditore e coltivare il mio sogno. Che, al momento, significa acquistare alcol già privato di metanolo e altre sostanze nocive per poi distillarlo con gli ingredienti della mia ricetta. Certo, l'ideale sarebbe quello di poter partire dalle materie prime, farle fermentare e infine distillare ma conto di riuscire ad arrivarci in una decina d'anni».
Il percorso da autodidatta
Un percorso dunque da autodidatta quello di Belli, lo stesso seguito anche nelle altre due microdistillerie italiane al momento esistenti, l'Anonima Distillazioni di Gubbio e la Winestillery di Gaiole in Chianti, partito con un alambicco casalingo, del tipo di quelli che si possono acquistare facilmente su siti di produttori specializzati come Cobrelis.com o direttamente su Amazon, e proseguito da uno step avanzato rispetto alla materia prima fermentescibile mette al riparo la sua produzione dai rischi connessi alla distillazione. Ovvero l'eliminazione delle “teste” e delle “code” che contengono gli alcoli nocivi per l'uomo.
Al suo primo anno di attività, il 2019, Eugin Distilleria Indipendente ha prodotto circa 3700 bottiglie, ma solo un terzo di queste è a marchio Eugin, e da materie prime biologiche va detto per inciso. Gli altri due terzi sono conto terzi a dimostrazione di come il mercato degli spirits artigianali, a tiratura limitata, di piccoli produttori o come li si voglia chiamare è in espansione. E in attesa di salutare nuovi protagonisti.
Per approfondire
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