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Startup, il prossimo presente è già qui: e tutto parte da un’idea

La chiave di volta è capire quali sono i bisogni a cui stiamo rispondendo e quali valori si sprigioneranno nel soddisfarli

di Luca Lisci *

(AFP)

5' di lettura

Anni Novanta, emerge il modello startup. La nuova generazione di imprese americane fondate sul processo di digitalizzazione e lo scambio delle informazioni nella rete internet trasforma radicalmente in brevissimo tempo diversi settori di mercato introducendo soluzioni per l’automazione attraverso l’uso di tecnologia digitale. Parte un processo di progressiva disintermediazione di gestione nei settori economici in cui la struttura a rete della trasmissione di informazioni diventa la base fondamentale: servizi, comunicazione e media, logistica e commercio, pagamenti e finanza. Sostanzialmente ogni azienda globale diventa una azienda di internet.

L’industria pesante, o quella energetica come quelle petrolifera, chimica e agroalimentare non rimangono fuori dalla rottura con il passato perché con la globalizzazione capillare che deriva dalla espansiva accelerazione dello scambio di informazioni cambia profondamente la struttura della domanda e conseguentemente cambiano i ritmi di consumo e produzione globali.

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Anni duemila, si riflette sul fenomeno storico di disruption introdotto dal modello delle Startup americane. Il termine “unicorno” viene per la prima volta utilizzato nel 2013 da Aileen Lee, angel investor di venture capital che con il termine intende contraddistinguere il fenomeno della capitalizzazione di aziende private che superano la valutazione di un miliardo di dollari. Osservato dal suo punto di vista, quello dell’investitore professionale, l’unicorno nella sua rarità rappresenta l’obiettivo più ambizioso e il successo più grande.

Forse per la prima volta emerge all’attenzione del vasto pubblico l’esistenza di un ecosistema globale dell’innovazione basato sulla competizione dei capitali quanto sulla competizione delle tecnologie. Quale è la natura di questa relazione? Come si descrive il rapporto fra l’inventore-imprenditore e l’investitore? Nella visione di un mondo in continua evoluzione in quale forma collaborano gli obiettivi di un progetto tecnologico con gli obiettivi di un ritorno all'investimento? Cosa vuol dire essere uno startupper? Cosa significa essere un venture capital? Cosa è la startup economy?

La startup incomincia quando abbiamo una idea. Abbiamo ipotizzato una soluzione ad un problema. Una soluzione innovativa, ovvero una soluzione a cui nessuno è arrivato prima di noi. L’ipotesi di mettere in atto questa idea, ci porta a ragionare sulla fattibilità. Ci rendiamo presto conto che la fattibilità dell’idea, ovvero il raggiungimento del risultato che ci auspichiamo, dipende proprio da quanto saremo efficienti nel rapportarci con il contesto nel quale si cala nostra soluzione e dunque la qualità di gestione delle risorse nell’ambito della nostra idea.

La prima cosa da fare è attrarre il capitale per avviare l’esecuzione della nostra soluzione. Ora esistono moltissime diverse vie per farlo. Dalle più dirette, quali ad esempio l’investimento personale da parte dello startupper o tramite il contributo conoscenti stretti sino a quelle più evolute la cui esistenza mostra una certa maturità del contesto nel quale l’dea si vuole inserire: tramite investitori professionali. La sola esistenza di risorse disponibili a finanziare le idee rende l’ecosistema un vero e proprio mercato completo di interazioni fra domanda ed offerta.

Da questa condizione si genera la complessità di un industria che si regge su una value chain delle idee: oltre l’inventore e l’investitore si introducono gli ovvi supporti finanziari (banche, fondi privati e pubblici) e una serie di ruoli a presidio delle diverse opportunità del contesto: università, enti di ricerca, consulenti di brevetto, venture builders, startup studio, startup venture, incubatori, acceleratori. Una industria globale che vale oltre 3,8 trilioni di dollari, più del PIL individuale della maggior parte delle economie del G7.

Nonostante mole e complessità, l’ecosistema è estremamente sensibile: si tratta infatti di un organismo che per suo stesso vantaggio deve rimanere costantemente aperto a recepire ogni idea trasformativa, a discriminarne il valore, ad assimilarla, o espellerla e, nel buon fine, a metterla in esercizio. La natura del sistema è talmente sensibile per cui anche soltanto il primo contatto fra una nuova proposta e gli investitori, il Pitch dell’idea, è sufficiente per condizionare il trend di visione del sistema. Un condizionamento che avviene in entrambe le direzioni. Nella direzione dell'idea che, in un approccio Lean startup, viene subordinata al raggiungimento degli obiettivi di investimento.

Instagram, ad esempio, prima di diventare il il social photo sharing più diffuso fu concepita con in nome di Burbn, una app di appassionati di superalcolici. Ma il condizionamento riguarda anche l’impatto delle idee in direzione delle strategie di investimento. Nell’approccio dell’investitore il rischio viene considerato in forma relativa, come in una qualsiasi operazione finanziaria aggressiva: più è alto il ritorno pianificato sui fondamentali del business plan e più si alza la soglia accettabile di rischio.

Viene da sé che l’investitore è portato ad analizzare il flusso delle molte idee che gli vengono sottoposte sintetizzando le varie opzioni in un trend degli indici di rischio disponibili, alla ricerca di una bussola con cui rivalutare i suoi stessi criteri di scelta.

La Exit, ovvero la liquidazione delle quote di partecipazione dell’investitore, a seguito di una operazione di acquisizione-fusione con una altra azienda, non è l’unico obiettivo a cui si possa puntare, sebbene fra i più golosi. Nel 2016 Linkedin fu acquisita da Microsoft per una transazione interamente in contanti del valore di 25,2 miliardi di dollari. Ma la quotazione in Borsa è una opzione altrettanto interessante. Nel Gennaio 2020, in piena incertezza sul futuro del mercato turistico a causa della pandemia, Airbnb si è quotata in Borsa e poche ore dopo essere diventata pubblica il suo titolo aveva raggiunto i 147 dollari per azione, portando la valutazione della società a oltre 100 miliardi di dollari, più di quello che Hilton, Marriot e Hyatt, i 3 più grandi marchi alberghieri del mondo, valevano combinati.

Enormi valori finanziari, i cui impatti sui valori della società, della cultura, della politica, sono altrettanto enormi. Nel cercare di descrivere la startup economy potremmo dunque descriverla come l’articolato e complesso rapporto fra innovazione e rischio, fra invenzione e capitali come forze che convergendo in un ambito di collaborazione circoscritto ma aperto generano la ricodifica e la riformulazione del contesto intero.

La responsabilità dell’industria delle startup è storica, proprio perché la storia è figlia delle idee. Non fermiamoci dunque a considerare la startup come prodotto o come servizio, ma osserviamola nel suo essere scambiatrice di valori con il contesto, rispettiamo l’innovazione come principio e guida del futuro che creerà. Per noi investitori, privati o istituzionali, per noi startupper, effettivi o aspiranti, di ogni dimensione, regione e cultura: chiediamoci quali sono i bisogni a cui stiamo rispondendo e quali valori si sprigioneranno nel soddisfarli, il nostro prossimo presente è già qui.

* Amministratore delegato di Next Present - Gruppo Newton S.p.A


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