Alcol alla guida

Tenuità del fatto possibile pure con tasso alcolico alto

di Guido Camera

(ANSA)

3' di lettura

È un discrimine sottile quello che distingue la rilevanza penale della guida in stato di ebbrezza dalla sua non punibilità per lieve entità del fatto (articolo 131-bis del Codice penale). Ciò emerge in modo quasi automatico leggendo due sentenze della Cassazione del 29 marzo, che paiono in contraddizione l’una con l’altra. Ma, a ben vedere, non è proprio così.

La n. 11655/2021 ha escluso la punibilità per il conducente di un’auto che, dopo avere causato un tamponamento senza feriti, era stato sottoposto all’alcoltest riportando valori rientranti nella fascia c) dell’articolo 186 del Codice della strada, la più alta. Giunto a un semaforo, aveva urtato l’automobile davanti che, a sua volta, ne aveva tamponata un’altra. Il valore rilevato nel sangue era stato di 1,67 g/l alla prima prova e di 1,58 alla seconda, rasentando così la soglia minima della categoria più grave (1,5 g/l).

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La Cassazione ha ribaltato i precedenti verdetti di condanna, sviluppando un ragionamento sulla sentenza 13681/2016 delle Sezioni unite, per cui la particolare tenuità del fatto è configurabile anche nella guida in stato di ebbrezza, non essendo in astratto incompatibile la presenza di soglie di punibilità rapportate ai tassi alcolemici accertati. Il giudizio previsto dall’articolo 131-bis, premette la sentenza 11655, va individuato su parametri riconducibili a tre categorie di indicatori: modalità della condotta, esiguità del danno o del pericolo e grado di colpevolezza. Anche la presenza di precedenti non è di per sé causa ostativa: il giudizio di tenuità è precluso solo in presenza di «abitualità» della condotta, cioè «presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione». Non contano solo le condanne irrevocabili, ma anche gli illeciti non coperti da giudicato, antecedenti o successivi a quello in esame, dei quali il giudice sia in grado di valutare l’esistenza.

In base a queste premesse, la Corte ha ritenuto che il fatto contestato all’imputato fosse non punibile, dato che egli aveva solo un precedente di modesta entità e risalente nel tempo, il tamponamento non aveva provocato danni alle persone e il tasso alcolemico era prossimo alla fascia intermedia di gravità (0,8-1,5 g/l).

Con la sentenza 11699/2021, la Cassazione ha invece dichiarato inammissibile il ricorso del conducente di un’auto trovato con 1,90 g/l alla prima prova e 1,97 alla seconda, comminandogli una sanzione economica di 3.000 euro. Anche il ricorso ruotava intorno alla sentenza 13681 delle Sezioni unite, valorizzando i seguenti elementi: l’imputato non aveva causato alcun danno a cose o persone, non si era sottratto al controllo dei carabinieri e non aveva precedenti analoghi. La Corte ha invece ritenuto che fossero ostativi alla non punibilità l’elevato tasso alcolemico, l’orario notturno, con fuoriuscita del mezzo dalla sede stradale, e l’entità del pericolo provocato agli utenti della strada.

Il punto nodale in questi processi è dunque la dinamica del fatto. Le Sezioni unite hanno chiarito che nessuna conclusione si può trarre in astratto, anche in presenza di valori sensibilmente superiori a 1,5 g/l: a un tasso molto elevato potrebbe infatti corrispondere una condotta priva di alcun pregiudizio (il caso dell’automobilista che sposta l’auto di pochi metri in un parcheggio). È un campo delicato, in cui la discrezionalità del giudice può fare la differenza tra una condanna e un proscioglimento per lieve entità, come dimostrano le sentenze del 29 marzo.

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