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“The Banshees of Inisherin”, un film cupo e appassionante che merita il palmarès

In concorso alla Mostra del Cinema è arrivato il nuovo lavoro di Martin McDonagh con protagonisti Brendan Gleeson e Colin Farrell

di Andrea Chimento

4' di lettura

La seconda settimana della Mostra di Venezia 2022 si è aperta nel migliore dei modi con “The Banshees of Inisherin”, nuovo lungometraggio di Martin McDonagh.
Il regista londinese torna in concorso al Lido a cinque anni di distanza dal suo film precedente, “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, riuscendo senza dubbio a confermare il suo valore.

The Banshees of Inisherin” (che uscirà nelle sale italiane con il titolo “Gli spiriti dell'isola) racconta la storia di due uomini, grandissimi amici da tutta la vita, il cui legame rischia di spezzarsi quando uno dei due decide di troncare con l'altro, apparentemente senza alcuna valida ragione. Le conseguenze di questo gesto saranno imprevedibili per entrambi.Scritto dallo stesso regista, il film – ambientato negli anni Venti del secolo scorso – pone al centro della narrazione non solo il rapporto tra i due (ex?) amici, ma anche quello tra gli esseri umani e la natura, sfruttando meravigliosamente gli splendidi paesaggi naturali irlandesi dell'isola in cui svolge la vicenda.Il fascino dell'Irlanda non è però palpabile soltanto per la rappresentazione delle scogliere, dei prati e dei laghi, ma anche per le tradizioni folkloristiche, a partire dalle Banshee del titolo: creature leggendarie della tradizione irlandese e scozzese, che non si mostrano agli esseri umani con l'eccezione di coloro che sono prossimi alla morte.

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Momenti divertenti e apparizioni inquietanti

Martin McDonagh mescola sapientemente i registri narrativi, offrendo momenti davvero divertenti e ricchi di ironia, alternati a passaggi oscuri e inquietanti. Tra farsa e tragedia, “The Banshees of Inisherin” regala un coinvolgimento appassionante, riuscendo allo stesso tempo a proporre una serie di riflessioni importanti sul valore dell'amicizia, ma anche sugli scontri insiti nella natura umana: la guerra che si combatte sulla terraferma, distante e vicina allo stesso tempo, ne è efficace metafora. La scrittura dei personaggi è notevole, tanto per i due protagonisti quanto per quelli secondari, ed è il principale pregio di un film che scorre senza intoppi per tutta la sua durata.Buona prova di tutto il cast, compreso Colin Farrell, ma la scena la ruba ancora una volta un grande Brendan Gleeson, perfettamente calato nei panni di un uomo di mezz'età che si trova intrappolato in un'esistenza che non sente più appartenergli.

Argentina 1985

Tra gli altri film più interessanti in competizione, una menzione per “Argentina, 1985”, ispirato alla vera storia dei procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo, che nel 1985 osarono indagare e perseguire i responsabili della fase più sanguinosa della dittatura militare argentina. Senza lasciarsi intimidire dall'ancora notevole influenza che l'esercito aveva sulla loro fragile, nuova democrazia, Strassera e Moreno Ocampo formarono una squadra di giovanissimi per lottare contro il tempo e dare giustizia alle vittime della giunta militare. Scritto da Santiago Mitre insieme a Mariano Llinás (quest'ultimo è il regista del geniale “La flor”), “Argentina, 1985” ha alla base le ampie ricerche cinematografiche e politiche che i due autori del copione hanno condotto per ricostruire uno dei processi più salienti di tutto il secolo scorso.Attraverso una struttura classica ma perfettamente calibrata, la pellicola segue tutte le fasi legali e burocratiche del procedimento, mescolando il lato pubblico con quello privato dei due protagonisti.Seppur la messinscena possa apparire convenzionale, il film risulta solido nelle sue varie componenti e, ancor di più, capace di appassionare per l'intera durata: non importa se si conoscono già i fatti alla base della storia, “Argentina, 1985” riesce comunque a coinvolgere grazie a un ottimo ritmo del montaggio e a dialoghi particolarmente incisivi.C'è un gran momento quando Strassera legge ai giudici il discorso che ha preparato: l'attore che lo interpreta, Ricardo Darín, è una certezza da tanti anni ma in questo caso arriva quasi a superarsi per l'impegno e la passione che riversa nel suo personaggio.

The Whale

Molto atteso era anche “The Whale”, nuovo lungometraggio di Darren Aronofsky che torna in concorso a Venezia cinque anni dopo “Mother!”.Protagonista un solitario insegnante affetto da una grave forma di obesità che, negli ultimi giorni della sua vita, cerca di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente, con la quale ha perso i contatti.Tratto da una pièce di Samuel D. Hunter, anche sceneggiatore della pellicola, “The Whale” è un film girato interamente tra le mura domestiche dell'appartamento del protagonista: scandito da capitoli che rappresentano i vari giorni della settimana, il lungometraggio racconta con intensità, ma anche con eccessi retorici, i tentativi di redenzione di un uomo alla fine dell'esistenza. Il coinvolgimento emotivo non manca, seppur la struttura sia troppo schematica e i personaggi di contorno non convincano del tutto. Ottima invece la prova di Brendan Fraser che punta alla Coppa Volpi e poi agli Oscar.

Monica

Dopo “Bones and All” di Luca Guadagnino, un altro film diretto da un regista italiano arriva a emozionare il Lido: si tratta di “Monica”, opera terza di Andrea Pallaoro, autore nato a Trento nel 1982, cresciuto professionalmente negli Stati Uniti, dove si è trasferito all'età di 17 anni.Al centro della trama c'è proprio la Monica del titolo, che torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato.Dopo “Medeas” e “Hannah”, Pallaoro alza decisamente l'asticella con una pellicola delicata e toccante: Monica è un personaggio transgender scritto in maniera mirabile e altrettanto ben interpretato da Trace Lysette, una vera e propria scoperta in un ruolo tanto intenso e drammatico.Inizialmente il film fatica un po' a carburare, ma col passare dei minuti cresce tanto nella resa narrativa quanto nel coinvolgimento emotivo.

Tra gli italiani, è stato invece meno convincente “L’immensità” di Emanuele Crialese, mentre si aspettano grandi cose da Gianni Amelio con il suo nuovo lungometraggio “Il signore delle formiche”.


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