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Tra errori e silenzi Fed e Bce hanno scelto di fare i gamberi

Cercare di diventare più efficaci sacrificando trasparenza è una scelta rischiosa

di Donato Masciandaro

3' di lettura

Tornare indietro sulla trasparenza, per provare ad andare avanti, diventando più efficaci. È questa la strategia del gambero di Fed e Bce. È una scelta rischiosa, che può aumentare la probabilità di cadere in stagflazione.

I falchi continuano a chiedere un’accellerata nella normalizzazione monetaria; le colombe vorrebbero al contrario rallentare. Solo su una cosa si trovano d’accordo: ridurre la trasparenza della politica monetaria. È un’inversione a U rispetto alle indicazioni dell’analisi economica, che consiglia ai banchieri centrali di essere allodole, cioè di amare la luce. Invece sono diventati tutti usignoli: più è buio, meglio è. È un passo del gambero: si fa il contrario non solo di quello che consiglia la teoria, ma anche rispetto alle concrete strategie di politica monetaria che le banche centrali dei Paesi avanzati – ma anche di Paesi emergenti – hanno posto in atto dagli anni Ottanta fino a oggi, proprio per trasformare le indicazioni analitiche in condotta operativa.

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L’analisi indica che per le banche centrali è indispensabile essere trasparenti, per influenzare nella giusta direzione le aspettative. È un precetto che oggi più che mai la politica monetaria dovrebbe incorporare. In tutti i Paesi le autorità di politica economica si trovano di fronte a un doppio rischio: un tasso di inflazione che diventa stabilmente più alto; il ritorno della recessione. È un crinale su cui il rimanere o no in equilibrio dipenderà dalla direzione in cui si muoveranno le aspettative di famiglie, imprese e mercati.

La trasparenza della politica monetaria aumenta se si comunica in modo credibile il percorso futuro degli obiettivi e degli strumenti. Riguardo agli obiettivi, i Paesi avanzati hanno finora sperimentato quattro diverse strategie. La prima è quello di annunziare obiettivi puntuali: è il caso della Bce e della Fed, o della Banca d’Inghilterra, della Banca di Svizzera. La seconda consiste nel definire una banda di oscillazione, come nel caso dell’Australia. Altre banche centrali uniscono queste due strategie, definendo nel contempo un target puntuale, con un margine di tolleranza: il Canada e la Nuova Zelanda.

Ma la trasparenza deve riguardare anche gli strumenti: i tassi di interesse, gli interventi sui mercati finanziari e nel credito alle banche. Fino allo scorso anno, le banche centrali mostravano un atteggiamento comune: annunzi vincolanti, ancorché flessibili al mutare dei dati disponibili, sia sul sentiero dei tassi che delle immissioni di liquidità.

Poi, un incidente comune le ha colpite tutte, a partire da Fed e Bce: l’errore di previsione sulle caratteristiche dell’inflazione. Può quell’errore di previsione minare la fiducia nel modus operandi delle banche centrali, che si basano sull’uso di modelli econometrici? Assolutamente no. A supporto ci sono ragioni generali, e specifiche rispetto a quello che sta avvenendo in questi mesi, che sono sistematicamente presentate in un recente intervento del Governatore Ignazio Visco. L’errore previsivo non inficia la bontà dell’approccio. Certo che diventare meno trasparenti dopo quello che è successo non aiuta a sostenere la causa. Se dopo aver sbagliato a parlare si diventa muti, si dà ragione a chi vuol usare quell’errore per minare la credibilità delle autorità monetarie. Invece Fed e Bce hanno fatto i gamberi, con la velocità che contraddistingue in natura quei crostacei. Una politica monetaria che aspetta i problemi – data dependent – e vive alla giornata – meeting by meeting – sembra l’esatto contrario di quello che serve in una situazione straordinaria come l’attuale. Attraverso il meccanismo delle aspettative, può diventare un boomerang. Ricorda molto quelle politiche sanitarie contro il Covid in cui si aspetta che i fatti precipitino per introdurre obblighi più stringenti. In ambo i casi gli esiti possono essere disastrosi. Ma se per i politici può essere endemico fare scelte miopi, per ragioni elettorali o ideologiche, banchieri centrali indipendenti hanno la possibilità di essere più lungimiranti.

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