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Trapani, terra di grandi risorse saccheggiate dai clan mafiosi

Dal vino alla pesca, dal turismo al marmo: il trapanese è ricco di grandi risorse ma negli anni lo sviluppo è stato condizionato dalla mafia silente e mercatista identificata in Matteo Messina Denaro

di Nino Amadore

La mafia fattura 40 miliardi l'anno, 2% del Pil Italia

3' di lettura

Gli ultimi tre anni in provincia di Trapani sono stati veramente pesanti: l’epidemia ha colpito duramente. Ma questa provincia (con le sue produzioni vitivinicole, il sale, il marmo, la pesca, il turismo) ha tremato ma ha retto. Anche la mafia di Matteo Messina Denaro si è adeguata, spiegano gli investigatori della Direzione distrettuale antimafia: «Pur evidenziandosi alcuni episodi estorsivi finalizzati soprattutto a mantenere il controllo del territorio, i mafiosi agevolati dalla costante crisi economica che ha colpito tutti i settori economici a causa della pandemia da Covid-19 offrono capitali illeciti e favori a una cerchia di imprenditori sempre più ampia».

Il protagonismo

Cosa nostra trapanese resta protagonista nei vari settori dell’economia grazie a una disponibilità finanziaria consolidata nel tempo: «Recenti attività d’indagine evidenziano il carattere “silente e mercantistico” di tale organizzazione criminale – sostengono ancora gli analisti della Dia – . Intrecci e cointeressenze tra esponenti mafiosi, imprenditori ritenuti vicini a cosa nostra e politici rafforzano sempre più la malavita indebolendo, di conseguenza, l’economia legale». È l’altra faccia della medaglia in una provincia dalle grandi potenzialità ma fortemente condizionata dalla criminalità organizzata che è una presenza storica e ingombrante da queste parti e fino a lunedì 16 gennaio saldamente nelle mani di Matteo Messina Denaro, boss stragista latitante da trent’anni.

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L’ombra sull’economia

Un’ombra dunque sull’economia reale i cui dati ufficiali ci raccontano una storia che non rappresenta, per la verità, una strabiliante ricchezza e sul piano delle amministrazioni locali ci parlano di una qualità piuttosto bassa. Insomma, la mafia mercatista e invisibile ha sin qui solo saccheggiato, appropriandosi di beni altrui, la fascia della cosiddetta borghesia mafiosa ha alimentato semplicemente ricchezze personali, la politica ha vissuto in uno stato di collusione con i clan come dimostrano decine e decine di inchieste. Un’economia di rapina e parassitaria, pur non mancando aree produttive interessanti come quella di Alcamo o tutta la zona delle produzioni vitivinicole del Belìce, luogo di saccheggio anche mafioso in 55 anni di ricostruzione che sembra infinita. «È questo il vero tema – dice Giacomo Di Girolamo, giornalista e scrittore, profondo conoscitore delle dinamiche di questa provincia – quello di affrontare con logica e trasparenza i vari problemi. Tocca alla politica, tocca alla classe dirigente onesta e non collusa. Altrimenti saremo tra qualche tempo punto e capo con un altro che prenderà il posto di Matteo Messina Denaro».

Per farsi un’idea della condizione economica di questo territorio basta scorrere i dati dell’ultima relazione congiunturale di Banca d’Italia: i prestiti di famiglie e imprese sono passati da 4,152 miliardi del dicembre 2020 a 4.347 del giugno del 2022 con un incremento nel periodo del 4 per cento; se invece guardiamo ai depositi vediamo che sono passati da 5,011 miliardi del dicembre 2020 a 5,262 miliardi del giugno dell’anno scorso. Risparmi di famiglie e imprese costituiscono il 7,4% dei 70,984 miliardi che sono il totale regionale. Con una disoccupazione al 29% in media, Trapani è al quinto posto in Sicilia e sul fronte del valore aggiunto la provincia è a 6,2 miliardi (dato del 2019, visto che quelli del 2020 e 2021 sono condizionati dalla pandemia), in pratica il 7,8% del totale regionale che è di 80,291 miliardi. L’ultimo dato sugli sportelli bancari (2021) ci dice che in tutta la provincia sono 99 ma erano 176 nel 2001: in 43,5% in meno in vent’anni.

Il gap con il resto dell’Italia

«Non c’è niente di più distante dal resto d'Italia del territorio di Trapani. E non solo geograficamente» dicono le classifiche di performance che riguardano alcuni Comuni della provincia, elaborate da Efficientometro.it, il portale che analizza  la salute finanziaria dei Comuni. Tra i temi più caldi il costo a tonnellata del servizio rifiuti, i mancati pagamenti verso i fornitori commerciali, la capacità di riscuotere i crediti verso privati (tributi, sanzioni e canoni). In quest’ultimo caso, Mazara del Vallo si posiziona con la percentuale più bassa, con il 16,6%: nel 2021 ha riscosso 18 milioni su un totale da riscuotere, arretrati compresi, di 110 milioni.  A seguire, fra gli altri, segnaliamo, Salemi (17,5%), Castelvetrano (26,6%), Marsala (35,8%), Alcamo (40,4%) e, infine, sul podio di chi riscuote di più, Pantelleria (50,1%), Erice (53,3) e Favignana (65,9%). Altro indicatore di criticità finanziaria è dato, all'opposto, dalla capacità di pagare i debiti verso i propri fornitori commerciali. Al primo posto, tra i Comuni morosi, vi è Castelvetrano, con una percentuale del 100,5 per cento. Vale a dire che su una spesa annua corrente pari a 25 milioni, al 31 dicembre 2021 questo Ente risulta aver debiti di spesa corrente, arretrati compresi, pari ad altrettanti 25 milioni. Seguono, fra gli altri, Salemi con il 68,7%, Mazara del Vallo (48,3%). Non pervenuti, per esempio, i dati per Trapani e Campobello di Mazara: non risulta abbiano presentato il rendiconto di gestione per il 2021.

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