ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAllarme «Sharenting»

Troppe foto dei figli sui social: ecco quali sono i rischi e le regole per proteggerli

I genitori condividono ogni anno sui social network una media di 300 scatti dei propri figli esponendoli, spesso inconsapevolmente, a molti pericoli.

di Francesca Indraccolo

(Eugenio Marongiu - stock.adobe.com)

5' di lettura

Dalla pubblicazione dell'immagine della prima ecografia durante la gravidanza fino alle foto delle vacanze o del compleanno, la vita – e l'identità – dei bambini è sempre più digitale. I genitori condividono ogni anno sui social network una media di 300 scatti dei propri figli esponendoli, spesso inconsapevolmente, a molti pericoli. A lanciare l’allarme sui rischi che possono correre i minori a seguito di un'esposizione così massiccia alle insidie del web è la Sip, la Società Italiana di pediatria, a fronte dei dati emersi dallo studio dell’European pediatrics association, pubblicato sul sito della rivista scientifica Journal of Pediatrics.

Il fenomeno dello «sharenting»

L’analisi indaga il fenomeno dello sharenting, neologismo coniato negli Stati Uniti che deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), ovvero la condivisione online costante da parte di mamme e papà di contenuti come foto, video o storie che riguardano i propri figli. Un’abitudine ormai consolidata che può comportare rischi che vanno dal furto di dati personali fino all’utilizzo di immagini in siti pedopornografici e, nel futuro, offrire materiale online che potrebbe alimentare episodi di bullismo e cyberbullismo.

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L’esposizione del minore ai tempi dei social

La ricerca, di cui è primo autore il professor Pietro Ferrara, responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della Sip, evidenzia che un bambino già prima del suo quinto compleanno ha raggiunto una presenza in rete con quasi mille foto postate dai suoi genitori. I social più usati sono, nell'ordine, Facebook (54%), Instagram (16%) e Twitter (12%). La pubblicazione, inoltre, è spesso corredata dall'aggiunta di dettagli come il nome del piccolo, la sua età e dove vive.«Non va sottovalutato però che questa pratica può associarsi a una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini», spiega Pietro Ferrara. «Spesso, infatti, i genitori non pensano che quanto condiviso sui social media, a volte anche molto personale e dettagliato, esponga pericolosamente i bimbi a una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità. Senza contare – prosegue il professore - che informazioni intime e personali, che dovrebbero rimanere private, oltre al rischio di venire impropriamente utilizzate da altri, possono essere causa di imbarazzo per il bambino una volta divenuto adulto, ad esempio in colloqui di lavoro e test di ammissione all'università. Infine, questo tipo di condivisione da parte dei genitori può inavvertitamente togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità».

Lo «sharenting» comincia dal periodo della gravidanza

Un recente lavoro, citato nello studio, evidenzia che in media l'81% dei bambini che vive nei paesi occidentali ha una qualche presenza online prima dei 2 anni, percentuale che negli Usa è pari al 92%, mentre in Europa si attesta al 73%. Dati recenti mostrano che entro poche settimane dalla nascita, il 33% dei bambini ha proprie foto e informazioni pubblicate online. E un numero crescente di bambini nasce digitalmente ancor prima della nascita naturale. Infatti, si stima anche che un quarto dei bambini abbia un qualche tipo di presenza online prima di venire al mondo: negli Stati Uniti, il 34% dei genitori pubblica abitualmente ecografie online, percentuale che in Italia si attesta al 15%.

Il rischio è mettere momenti privati alla mercé di tutti

Secondo la ricerca, lo sharenting è finalizzato a documentare la crescita dei piccoli, condividere ansie e preoccupazioni, ricercare informazioni in ambito educativo, pediatrico, scolastico. Le tre tipologie di foto che vengono maggiormente condivise riguardano la vita quotidiana (mentre il bimbo dorme, gioca, mangia), uscite o viaggi e momenti speciali come il Natale, il momento del battesimo, il primo giorno di scuola o il compleanno.«Nel nostro ordinamento - sottolinea Ferrara - l’immagine della persona è tutelata da diverse norme: la legge sul diritto d'autore che prevede che nessun ritratto di una persona possa essere esposto senza il consenso di quest'ultima. Poi c'è l'articolo 10 del codice civile, che consente la richiesta di rimozione di un'immagine che leda la dignità di un soggetto con conseguente possibilità di risarcimento danni. Va, però, anche evidenziata un’ambiguità delle normative che proteggono l'immagine in quanto si parla di “consenso dell'interessato” che, nel caso di minore, deve essere offerto dal suo rappresentante legale (articolo 316 del Codice Civile), cioè proprio il genitore».

Lo sfruttamento dell'immagine

La tutela della sfera intima e familiare dovrebbe rappresentare, dunque, una priorità. Tra i rischi della condivisione social di contenuti privati c'è anche quello che questi finiscano su siti pedopornografici: un’indagine condotta dall’e-Safety Commission australiana ha evidenziato come circa il 50% del materiale presente su questi siti provenga dai social media dove era stato precedentemente condiviso da utenti per lo più inconsapevoli di quanto facilmente potesse essere scaricato non solo da parenti e amici, ma anche da estranei.L’ormai consolidata consuetudine a pubblicare online contenuti riguardanti i propri figli è finita all'inizio dell'anno anche sotto esame al Parlamento francese con una proposta di legge che vorrebbe limitarla. Firmatario della proposta è il deputato macronista Bruno Studer, ex insegnante che è stato testimone di episodi di bullismo nati da foto postate dai genitori dei ragazzi. L'obiettivo della norma è promuovere la sensibilizzazione e l'informazione sul tema, ma il testo prevede anche che ai genitori si possa togliere il diritto all'immagine dei figli affidando la tutela della stessa immagine a terzi.

Le raccomandazioni dei pediatri

Ma come fare, allora, a condividere le gioie della genitorialità e la soddisfazione per i traguardi raggiunti dai propri figli senza metterli a rischio in Rete? La Sip ha stilato un elenco di cinque raccomandazioni per aiutare le mamme e i papà a proteggere privacy e identità digitale dei minori, proprio in virtù del ruolo che gli specialisti ricoprono nel percorso di salute del bambino e come punto di riferimento delle famiglie.«I pediatri - afferma Annamaria Staiano, presidente della Sip - sono figure centrali per sensibilizzare i genitori sui pericoli associati alla condivisione online. Per proteggere la privacy dei bambini, alle famiglie può essere spiegato quali siano le possibili strategie difensive. È importante supportare le mamme e i papà, bilanciando la naturale inclinazione a condividere con orgoglio i progressi dei figli con l'informazione sui rischi connessi alla pratica dello sharenting». Secondo la Sip, i genitori devono porre la massima attenzione e diventare consapevoli che pubblicando contenuti online dei propri figli costruiscono il “dossier digitale” di un bambino senza il suo consenso e senza che lui ne sia a conoscenza.La condivisione di informazioni deve prevedere, inoltre, una certa cautela e, in molte occasioni, l’anonimato, perché quanto condiviso in maniera dettagliata e personale, come la localizzazione o il nome completo, potrebbe esporre pericolosamente i bambini, in primis al furto di identità.Il terzo punto è tranchant: non si devono condividere immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità. Queste immagini dovrebbero rimanere sempre private.I pediatri suggeriscono poi di attivare notifiche che avvisino i genitori quando il nome dei loro figli appare nei motori di ricerca. Infine, i genitori devono rispettare il consenso e il diritto alla privacy dei minorenni e familiarizzare con la policy dei social o dei siti sui quali si condividono contenuti.

Dal Garante i consigli per postare in sicurezza

La consapevolezza dei “grandi” rispetto al potenziale pericolo a cui espongono i propri figli nel web e a un utilizzo improprio delle loro immagini da parte di terzi è la chiave per proteggere loro e la loro reputazione online. Una difesa che si può attuare anche seguendo alcune accortezze indicate dal Garante della Privacy che non richiedono specifiche competenze informatiche.Innanzitutto, il viso del minore può essere reso irriconoscibile utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online, o coprirlo con una “faccina” di un’emoticon. Un'altra indicazione importante riguarda la limitazione delle impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea. I profili vanno, dunque, “blindati” e presidiati attentamente.È sconsigliata, infine, la creazione di un account social dedicato al minore.


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