Ue, aiuti di Stato più semplici per la transizione verde
Obiettivo di Bruxelles è fare dell'Europa una protagonista della transizione ambientale, ma anche dotarla degli strumenti necessari per affrontare la concorrenza non sempre leale di Stati Uniti e Cina
dal nostro corrispondente Beda Romano
2' di lettura
BRUXELLES – È attesa domani la comunicazione della Commissione europea tutta dedicata a una nuova politica industriale verde. Il desiderio è doppio: fare dell'Europa una protagonista della transizione ambientale, ma anche dotarla degli strumenti necessari per affrontare la concorrenza non sempre leale di Stati Uniti e Cina. Tra le altre, Bruxelles intende dare spazio di manovra ai Paesi membri in modo da distribuire agevolazioni fiscali da dedicare alla produzione nei settori verdi.
Il Green Deal Industrian Plan
Il Green Deal Industrial Plan, come viene chiamato in inglese, si basa su quattro pilastri: un ambiente regolamentare che sia semplificato e prevedibile; un accesso più semplice a nuove forme di finanziamento; una attenzione particolare alle competenze tecniche della manodopera; e catene di approvvigionamento che siano le più sicure possibili.
A grandi linee, il piano di battaglia era stato illustrato nelle scorse settimane dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.L'aspetto più interessante riguarda gli aiuti di Stato (si veda Il Sole/24 Ore del 18 gennaio). Secondo un canovaccio della comunicazione circolato ieri qui a Bruxelles, il desiderio è di semplificare gli aiuti pubblici nel dispiegamento di fonti energetiche rinnovabili e nel processo industriale di decarbonizzazione. Questa scelta verrebbe messa in pratica, «sostenendo nuovi investimenti negli impianti di produzione in settori strategici a zero emissioni, anche via agevolazioni fiscali».
Aumento delle soglie degli aiuti di Stato
Nel contempo, l'esecutivo comunitario conferma che intende aumentare le soglie degli aiuti di Stato, a titolo temporaneo. Secondo Bruxelles, «le disposizioni sulle agevolazioni fiscali consentirebbero agli Stati membri di allineare i propri incentivi fiscali a un regime comune, offrendo così maggiore trasparenza e prevedibilità alle imprese europee». Nei fatti, il desiderio è di limitare per quanto possibili le divergenze tra i Paesi membri e le differenze nel mercato unico. La sola nascita di fabbriche per la produzione di impianti nel solare, nell'eolico, nelle batterie, nell'idrogeno e nelle pompe di calore costerà da qui al 2030 fino a 170 miliardi di euro.
Nel breve termine, oltre a facilitare controversi aiuti pubblici – protestano non pochi Paesi, tra cui l'Italia – Bruxelles propone quindi di utilizzare parte del denaro proveniente dal NextGenerationEU e da RepPowerEU, anche sotto forma di sgravi fiscali.
Più concretamente, e in un campo specifico, la Commissione europea intende premiare attraverso una asta la produzione di idrogeno, offrendo al produttore un prezzo di acquisto vantaggioso. «Ciò avrà un impatto simile a quello del credito d’imposta sulla produzione previsto dall'Inflation Reduction Act americano, salvo che sarà (…) più veloce e più leggero da un punto di vista burocratico».
Infine, la nuova strategia industriale vuole promuovere nuovi progetti comunitari IPCEI (come quelli attualmente in corso nel campo delle batterie o dei chips), ma anche rilanciare i negoziati commerciali, con Nuova Zelanda, Australia, Cile, Messico e Mercosur. La comunicazione, una volta approvata dal collegio dei commissari, sarà presentata ai capi di Stato e di governo che si riuniranno qui a Bruxelles il 9-10 febbraio.
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