SBAGLIANDO SI IMPARA

Un esempio di creatività: come gestire un disservizio alla maniera di Kafka

La risposta di un impiegato dell’ufficio tecnico di un piccole Comune delle Prealpi e la gestione delle relazioni di front end con i clienti

di Andrea Beretta *

(AP)

4' di lettura

Nello scorso mese di giugno mia cognata ha contattato l’ufficio tecnico di un piccolo comune delle Prealpi lombarde per chiedere la copia di un documento relativo a una pratica edilizia di casa sua. Ha scoperto che il documento è andato smarrito, ma la risposta che l’impiegato le ha inviato via mail è un capolavoro di gestione creativa di un disservizio. Mia cognata non la pensa come me, non avendo recuperato il documento di cui aveva bisogno. Io, invece, suggerirei di far leggere questo testo a tutti i dipendenti, pubblici e privati, che gestiscono relazioni di front end con i clienti. Non trovo soluzione migliore che trascrivere per intero il testo della mail e augurarvi una buona e spassosa lettura.

“Buonasera sig.ra, in merito alla sua richiesta non sono in grado di fornirle dettagli sulle circostanze per le quali la pratica edilizia 37/1970 non è più reperibile nel nostro archivio. Allo stesso modo non posso esprimermi sul motivo della sua scomparsa. So bene che la mia risposta potrà risultarle deludente e che l’accoglierà con un certo comprensibile fastidio, ma in tutta onestà è il massimo che posso offrirle senza oltrepassare la linea oltre la quale un’affermazione si traveste da bugia. Se le piace leggere, consideri l’esempio offerto dalla letteratura. Il catalogo delle opere smarritesi nelle pieghe del tempo e degli eventi umani è terrificante, più di ogni altra cosa ci dice della fragilità, nostra e delle opere che produciamo, e di come la perdita non sia una singolarità, ma la norma.

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Non c’è bisogno di sforzarsi troppo per enumerare degli esempi. Di Eschilo conosciamo solo sette tragedie della novantina che scrisse. Stesso destino per Sofocle: sui trentatré volumi della sua produzione non ne sopravvivono che una manciata. Per il semi sconosciuto Agatone la sorte è stata persino peggiore. Di quest’altro drammaturgo, amico di Euripide e Platone, non rimane più nulla, se non una caustica menzione nelle Tesmoforiazuse di Aristofane.

I nove libri di poesie di Saffo sono irrimediabilmente perduti, ad eccezione di qualche frammento. Il trattato sulla poetica di Aristotele, la prima analisi organica dell’arte e delle sue forme, esiste solo a metà: il primo libro non è che una trascrizione degli appunti presi dagli studenti del grande filosofo, mentre del secondo non se ne sa letteralmente nulla. La sua scomparsa ha colpito così fortemente il nostro immaginario che Umberto Eco inserì il fantasma di quest’opera perduta nella trama de “Il nome della rosa”.

L’erosione dell’oblio sulla letteratura è una costante dei tempi. Nel 642 d.C. gli arabi travolsero l’Egitto ed entrarono ad Alessandria. Il generale che prese la città, su ordine del califfo Omar, distrusse la più grande biblioteca del mondo, colpevole di contenere opere eretiche che non si confacevano alla visione del Corano. I libri e i rotoli furono impiegati per alimentare i fuochi delle caldaie che riscaldavano i bagni dei soldati: erano talmente tanti che - si dice - il combustibile bastò per sei mesi.

Più tardi, in pieno Rinascimento, il poeta scozzese William Dunbar compose satire ed elegie su molti personaggi dell’epoca. In una commemorazione dei suoi colleghi letterati defunti stilò un elenco composto da ventidue nomi. Purtroppo, di dieci di essi non sappiamo assolutamente nulla. Quante e quali opere potrebbero aver scritto questi autori scivolati fuori dal recinto della memoria? Ci sarà stato almeno un capolavoro tra di esse?

E così via sino alle soglie della modernità e oltre. Gogol bruciò il seguito delle “Anime morte” in un impeto di fanatismo religioso. La morte di Charles Dickens privò il mondo di un ennesimo capolavoro: “Il mistero di Edwin Drood”. Quella di Robert Louis Stevenson fece altrettanto con il “Weir di Hermiston”, lasciandolo incompiuto. Non vide mai la luce nemmeno “La Spirale”, l’ambizioso progetto di Flaubert di scrivere un romanzo caratterizzato dall’indissolubile abbraccio di realtà e sogno.

La violenza ideologica del Novecento causò altrettanti danni che la sfortuna e l’intolleranza religiosa. Quando la polizia politica sovietica arrestò arbitrariamente il drammaturgo russo Isaak Babel confiscò e bruciò tutti i suoi manoscritti. Intanto, nel cuore dell’Europa, le SS spazzarono via dalla storia del pensiero morale la “Disquisizione sull’etica” del grande teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, non dopo averlo impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg a pochi giorni dalla fine della guerra.

Altre volte invece la brutalità fu semplicemente fine a sé stessa. In un villaggio nel profondo della campagna polacca, un abietto gauleiter nazista assassinò il visionario scrittore Bruno Schulz per ripicca nei confronti di un altro funzionario di partito. Con lui perirono i suoi racconti giovanili e l’abbozzo di quello che forse sarebbe stato il suo capolavoro, il “Messia”, un grande romanzo sui miti della tradizione ebraica. In fondo, la storia della letteratura potrebbe non essere altro che la storia del rammarico che avvolge i libri perduti.

Cosa voglio dirle? Che un archivio - anche quello di un piccolo Comune italiano - non è poi dissimile dall’immaginaria biblioteca universale. Anch’esso è soggetto alla perdita, la qualeè una costante della condizione umana e della realtà. Fisici e biologi parlano di entropia, intendendo col termine quella forza che degrada l’ordine in disordine, la vita in morte.

Oggi le attuali tecnologie ci stanno inducendo ad una percezione distorta, rendendoci incapaci di credere all’eventualità della perdita. Non è stato sempre così. In passato la British Library aveva moduli di richiesta con una casella sul retro che conteneva una crocetta in corrispondenza della voce: “Volume perduto”. Tempo fa l’umiltà era merce molto più comune rispetto ad adesso. La mia non vuole essere una giustificazione, ma un’onesta ammissione circa le difficoltà che noi custodi di documenti amministrativi dobbiamo affrontare lavorando giorno dopo giorno. Semplicemente, a volte, il compito è superiore alle nostre forze. Lottiamo contro l’oblio, forse vanamente. La nostra sola speranza è il credere che questa lotta racchiuda in sé stessa il nostro successo.

Cordiali saluti.”

Come ho scritto all’inizio di queste righe, un vero e proprio capolavoro di gestione creativa di un disservizio. Sicuramente da leggere e sul quale riflettere: anche se una simile creatività non è alla portata di tutti...

* Partner di Newton S.p.a.


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