Scelte gourmand

Una selezione di etichette da collezione per chi ama mettere a tavola le rarità

Il Barolo in edizione limitata, il Cannonau da meditazione, lo Champagne filologico e la Barbera da vigneti storici. Calici d'antan adatti a un'occasione eccezionale.

di Barbara Sgarzi

Foto Alma Melendez.

3' di lettura

Non è forse cifra da Champagne: le maison più famose, grandi e piccole, la boa dei cento anni spesso l'hanno superata da tempo e, per brindare, bisognerebbe mettere le mani su quelle casse di bottiglie finite in fondo al mare nei naufragi e recuperate dopo un secolo (chi l'ha fatto, si è detto sorpreso dall'incredibile tenuta del vino). Oppure farsi invitare al prossimo party allo Château Moët & Chandon nella tenuta di Saran, dove a novembre scorso è stato stappato il Grand Vintage 1921. O ancora, vedere fino a dove porterà la sperimentazione di Piper Heidsieck, che quest'anno ha stappato lo champagne 1971, mezzo secolo, creato dallo chef de cave Émilien Boutillat con precisione filologica, utilizzando un liqueur prodotto da uno Chardonnay 2019 senza fermentazione malolattica, come appunto accadeva 50 anni fa. O, infine, seguire il progetto Plénitudes di Dom Pérignon, nato dall'intuizione di Richard Geoffroy che ha messo da parte alcune bottiglie di ogni millesimo per un invecchiamento che al momento sfiora i 20 anni sui lieviti, ma punta (almeno) ai 30-40.

Più semplicemente, al numero 100 di How to Spend it possiamo brindare con il Barolo cru Scarrone di Bava, il prodotto della centesima vendemmia dell'azienda langarola di Castiglione Falletto, vestito per l'occasione con una coloratissima livrea per l'edizione limitata dedicata all'Expo 2020 a Dubai.

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Si chiama proprio Antonio Argiolas 100, invece, il vino dedicato al fondatore centenario dell'omonima azienda sarda (http://argiolas.it). Un vino da dessert e da meditazione, Cannonau con una piccola parte di Malvasia nera, entrambe raccolte dopo l'appassimento in vigna. Una curiosità: “A kent'annos” (a cent'anni) è il brindisi tradizionale dell'isola.

Foto Daniela Zedda.

Il tempo è un affare di famiglia invece per Castello del Terriccio, di proprietà dell'entourage di Vittorio Piozzo di Rosignano da cent'anni tondi. Una delle maggiori proprietà agricole della Toscana, circa 1.500 ettari nelle vicinanze di Bolgheri di cui 65 a vigneto, dagli anni Settanta ha scoperto la sua vocazione vinicola creando, oltre all'etichetta omonima a base di Syrah, il Lupicaia, un rosso corposo e nobile di grande longevità a base Cabernet Sauvignon, affinato per quasi due anni in tonneaux d'Allier. In commercio ora l'annata 2016, figlia di una vendemmia perfetta: bouquet ampio di marasche e spezie, rotondo ed elegante all'assaggio, con finale di cioccolata e spezie.

La cifra tonda torna tra i filari del produttore astigiano Vinchio Vaglio e del suo progetto per la Barbera d'Asti iniziato nella seconda metà degli anni Ottanta, chiamato appunto Vigne Vecchie. Nato per salvaguardare i vigneti storici, che all'inizio avevano superato i 50 anni e ora hanno compiuto il secolo di vita, individua le piante più vocate, ne vendemmia e seleziona le uve a mano e procede poi con un lento affinamento in barrique, per creare una Barbera d'Asti morbida e speziata, complessa e persistente.

E se si parla di storia del vino italiano, dobbiamo chiudere con un calice di Biondi-Santi, i padri nobili del Brunello. Nel 1994, in occasione dell'uscita della Riserva 1988, in un momento storico in cui la sobrietà e l'eleganza del Brunello sembravano minacciati dall'avanzata dei supertuscans, il decano Franco Biondi-Santi organizzò un'eccezionale Degustazione dei 100 anni del Brunello per confermare la sua visione di un Sangiovese in purezza dall'estrema eleganza e longevità. In quell'occasione, il giornalista Nicholas Belfrage valutò con 10/10 la Riserva 1891, che allora aveva più di 100 anni, ma era, evidentemente, ancora perfetta.

Biondi-Santi Plateau degustazione del centenario.

Allora prosit, e cento di questi vini e di questi numeri!

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