«Usa e Asia trainano la crescita di Adr»
Marco Troncone. Parla l’ad di Adr: «Obiettivo 100 milioni di passeggeri a Fiumicino prima del 2050. Dall’alleanza di Ita con Lufthansa nuove opportunità. Entro il 2030 la decarbonizzazione delle nostre infrastrutture. Puntiamo su innovazione e automazione a partire da gestione code e sicurezza»
di Laura Di Pillo, Andrea Marini
6' di lettura
«L’aeroporto di Fiumicino sta crescendo dal punto di vista dimensionale e qualitativo, sarà sempre più digitale e green. Dopo esserci piazzati in cima alla lista per soddisfazione dei passeggeri, puntiamo a stabilire nuovi standard di eccellenza». Marco Troncone, amministratore delegato di Aeroporti di Roma – la società che gestisce gli scali romani di Fiumicino e Ciampino, controllata con il 99,39% da Atlantia (a sua volta posseduta da Edizione, insieme a Blackstone e CRT) – parla delle sfide che attendono Fiumicino, destinato a vedere raddoppiare prima del 2050 i suoi passeggeri, arrivando vicino a quota 100 milioni annui, grazie soprattutto alla crescita delle economie asiatiche. Nell’immediato, le vicende di Ita (ex Alitalia) non preoccupano Troncone, che considera l’intesa con Lufthansa «una opportunità», con risvolti positivi anche per Fiumicino. Secondo i dati del bilancio 2022, approvato la scorsa settimana, il traffico 2022 ha registrato 33 milioni di passeggeri (+134,7% sul 2021). L’esercizio ha chiuso con un risultato operativo consolidato positivo per 131,9 milioni di euro e con un utile netto di 45,1 milioni rispetto ad una perdita netta di 38 milioni del 2021.
Il periodo del Covid è stato difficile per tutto il vostro settore. Come lo avete superato?
Per fortuna siamo partiti da una situazione finanziaria non pesante. L’incidenza del debito era solo due volte il margine operativo lordo. Un dato basso rispetto ad altri aeroporti europei e operatori infrastrutturali, che arrivano anche a 4-5 volte.
Che difficoltà finanziare avete affrontato durante il Covid?
Nel luglio 2020, per come erano le nostre carte finanziarie, non avremmo potuto far fronte al pagamento degli stipendi a dicembre 2020. Una situazione grave che però riguardava un po’ tutti gli operatori.
E come ne siete usciti?
Già ad agosto 2020 abbiamo stipulato nuovi accordi con le nostre controparti finanziarie e siamo riusciti a rimetterci in sesto rapidamente, perché la nostra azienda era sana. Ne siamo usciti un po’ più indebitati, ma avevamo un margine di manovra ampio grazie ad una politica finanziaria accorta.
Come siete ripartiti finanziariamente dopo il Covid?
Siamo ripartiti con una struttura di finanziamento orientata alla sostenibilità ambientale. Abbiamo emesso a fine 2020 un primo green bond da 350 milioni. Abbiamo avuto una richiesta 12 volte superiore. Siamo stati nel 2021 il primo aeroporto al mondo a lanciare i sustainability-linked bond.
Di cosa si tratta?
Noi ci impegniamo a utilizzare queste risorse per iniziative che abbiano un risvolto a tutela dell’ambiente. Ci vincoliamo su una serie di indicatori di risultato (certificati da report annuali di terze parti), disattesi i quali il costo del debito aumenta, oltre all’inevitabile danno reputazionale.
Quali sono i vostri obiettivi di sostenibilità ambientale?
Entro il 2030 puntiamo alla decarbonizzazione delle nostre infrastrutture. Questo significa zero emissioni di gas serra. Abbandoneremo la generazione elettrica che brucia metano per sostituirla con il fotovoltaico. Passeremo all’elettrico tutto quello che potremo, a partire dalle flotte che girano attorno all’aeroporto.
Il cambiamento coinvolgerà anche i passeggeri?
Sì, puntiamo a ridurre del 30% le loro emissioni di accessibilità entro il 2030. Stimoleremo l’accesso tramite il nodo ferroviario, anche se questo avrà per noi un impatto economico, visto che dai parcheggi ricaviamo 40 milioni l’anno.
E sulle auto elettriche?
Supporteremo il loro utilizzo da parte dei passeggeri. Entro i prossimi otto anni arriveremo a istallare 5mila punti di ricarica, 160 già quest’anno.
Che stime avete sulla prevedibile crescita del flusso di passeggeri post Covid?
Fra 25 anni prevediamo un raddoppio. Nel 2019 Fiumicino ha accolto 43,5 milioni di passeggeri. Nel 2045-2046 ne prevediamo oltre 90 milioni. Può sembrare una crescita roboante, ma in realtà è una stima conservativa.
In questa stima sono compresi anche gli arrivi per il Giubileo 2025, per il bimillenario della morte di Gesù nel 2033 e per il possibile Expo 2030?
No. Ci sarà sicuramente una fiammata nel periodo in cui si concentreranno questi eventi. Ma noi abbiamo fatto una stima dei trend di lungo periodo. Poi, certo, ci auguriamo che Roma riesca ad aggiudicarsi l’Expo, la cui candidatura è nelle migliori mani possibili.
Quali saranno i principali mercati di arrivo?
Puntiamo a lavorare con i flussi provenienti dalle regioni ad alta crescita dell’Asia. Cina, Giappone, India, ma anche Sud Est Asiatico: regioni, queste ultime, con un basso Pil pro capite, ma molto popolose, per cui una piccola crescita della propensione al volo significa centinaia di milioni di nuovi passeggeri.
Roma intanto è ritornata a essere piena di americani. Sorpresi?
Sì, pensavamo che il mercato Usa fosse ormai maturo, invece è quello che ha reagito meglio dopo il Covid, responsabile principale della crescita degli ultimi 12-18 mesi. C’è stata una fiammata forte la scorsa estate che pensavamo destinata in parte a rientrare, ma non è stato così.
Quali sono le previsioni per il turismo made in Usa?
I principali vettori americani stanno facendo piani per la prossima estate superiori al 50% rispetto al 2019. Su New York avremo 11 collegamenti giornalieri, terzi in Europa solo dopo Londra e Parigi.
Il tutto nonostante le incognite di Ita (ex Alitalia). Siete preoccupati da questa vicenda?
Non ci cambierà tantissimo. I viaggiatori vengono a Roma grazie alla sua forza di attrazione, indipendentemente dal nome del vettore disponibile. Certo, la ripresa di Ita, che già si sente, può contribuire a rafforzare il ruolo di Fiumicino come hub.
Cioè?
Può indirizzare su Roma passeggeri, provenienti da altre città italiane, che fanno scalo da noi per dirigersi verso altre destinazioni internazionali. Anche in una ottica intermodale, utilizzando i trasporti ferroviari, che andranno a sostituire le tratte brevi, che in proporzione generano più costi e più emissioni.
Come giudica l’intesa di Ita con Lufthansa?
La compagnia tedesca potrà garantire ad Ita una stabilità, integrandola in un gruppo più grande, la Star Alliance. Gli operatori piccoli non sopravvivono. E Ita entrerà nella alleanza non dalla porta di servizio, ma come primo attore.
E questo che vantaggi
garantirà?
Lufthansa ragiona in logica sinergica. Ogni hub della alleanza ha una propria specializzazione. E finora a loro era mancato un punto di riferimento del Mediterraneo, che potesse sviluppare anche più collegamenti con il Sud America.
Questo nel medio lungo termine cosa comporterà, anche per voi?
Penso che Lufthansa abbia ragionato anche a lunga scadenza. I principali aeroporti europei stanno raggiungendo il limite di capacità. Roma ha invece un piano di sviluppo che porterà Fiumicino a poter gestire 100 milioni di passeggeri.
Parliamo del vostro piano di sviluppo.
Abbiamo lanciato un piano di sviluppo e ammodernamento, entro gli attuali confini aeroportuali, cominciato nel 2013 e che terminerà fra il 2024 e il 2025. In undici anni abbiamo investito 2,5 miliardi, tutti autofinanziati senza ricorrere a risorse pubbliche. Stiamo adesso finalizzando il nuovo piano di sviluppo che sarà in linea con aspettative di mercato e di sostenibilità.
Un piano che non potrà prescindere da una forte spinta sull’innovazione...
A Fiumicino abbiamo un nostro Innovation hub, che abbiamo inaugurato insieme al presidente di Edizione Alessandro Benetton, dove raccogliamo le migliori startup provenienti da tutto il mondo. Stiamo adesso chiudendo il secondo bando di idee. Puntiamo tantissimo su automazione e intelligenza artificiale, a partire dalla gestione delle code e della sicurezza.
Che impatto avrà sull’occupazione il piano di sviluppo?
Si stima che per un milione di passeggeri in più si creino 4mila nuovi posti di lavoro e circa mezzo miliardo di Pil aggiuntivo. Nel nostro organico ci sono 3.800 addetti. A questi se ne aggiungono altri 45mila di personale che a vario titolo lavora nell’aeroporto. Poi c’è l’indotto indiretto (di tutta la filiera turistica e logistica) che arriva complessivamente a 390mila unità.
Avete già previsto nuove assunzioni?
Già rispetto al 2012 abbiamo 1.500 persone in più. Abbiamo internalizzato, per esempio, 500 addetti alla pulizia e quasi 400 manutentori. Una scelta che rivendichiamo, nonostante ci siamo irrigiditi dal punto di vista dei costi. Ne abbiamo guadagnato in competenze, qualità e professionalità. Ora ci serviranno soprattutto ingegneri.
Cosa chiedete al sindaco di Roma e al nuovo presidente della Regione Lazio?
Dobbiamo ragionare in ottica di sistema. Ci piacerebbe essere coinvolti come propositori e pianificatori in opere infrastrutturali connesse all’aeroporto. Anche per garantire una migliore proposizione e fruizione della offerta turistica. In parte lo stiamo già facendo.
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