Veneto, una legge regionale a tutela del gelato artigianale
Obiettivo valorizzare una produzione che, soprattutto dal Bellunese, ha conquistato l’Europa. Allo studio anche un itinerario culturale che potrebbe essere finanziato a livello comunitario
di Valeria Zanetti
3' di lettura
Marcare la distanza tra il gelato artigianale, prodotto con materie prime e ricette della tradizione, e il suo clone industriale. Una distinzione netta, che i consumatori devono conoscere prima di effettuare ogni acquisto. Il Consiglio regionale veneto ha licenziato una legge per valorizzare le produzioni dei maestri gelatieri, soprattutto bellunesi, che nei secoli scorsi hanno portato in mezzo Europa la cultura di questo prezioso alimento, tra i più conosciuti del food made in Italy nel mondo.
Un successo senza confini al centro anche dell’idea lanciata da Gian Angelo Bellati, presidente di Longarone Fiere Dolomiti, che dal 27 al 30 novembre organizzerà la 62esima edizione della Mostra internazionale del gelato. «Pensiamo alla realizzazione di un itinerario del gelato che contiamo sia finanziato dalle istituzioni europee e che dalla Georgia, passando per l’area dei Balcani, il Veneto e proseguendo verso Austria e Germania, arrivi fino alla Spagna», annuncia.
A fine giugno, Palazzo Ferro Fini ha approvato il progetto di legge numero 130, proposto dal consigliere Alberto Villanova (Lega), correlatrice la collega Cristina Guarda (Pd). Il testo riconosce e valorizza il dolce freddo, tutelandone i consumatori. «Tra gli scopi della legge regionale, la promozione della filiera corta di produzione e lavorazione, il riconoscimento delle specificità e tradizioni delle comunità locali, la salvaguardia del gelato veneto», elenca Villanova. Si prevede la costituzione di un tavolo tecnico che si confronterà con le associazioni di categoria e supporterà la Giunta regionale nell’adozione delle linee guida per aiutare il consumatore a «distinguere tra gelato tradizionale e preconfezionato o industriale». Consumatore che, secondo i promotori del testo, «non è messo in condizione di poter riconoscere il vero gelato prodotto artigianalmente rispetto al preconfezionato, preparato in maniera standardizzata con l’utilizzo di basi semilavorate». Esistono differenze sostanziali tra le due tipologie sia in termini di tempistica della preparazione che a livello nutrizionale. Nasce quindi l’esigenza di offrire un riconoscimento ai veri gelatieri artigiani da tutelare in modo che mantengano in vita le rispettive imprese, circa 1.319 le gelaterie e pasticcerie venete, che danno lavoro a oltre 5.300 addetti.
«Le nostre produzioni sono un patrimonio: mix di tradizione, competenze, territorio e un pizzico di fantasia. Bene, quindi, la nuova legge che cerca di identificare il vero gelato artigiano», commenta Cristiano Gaggion, a capo della federazione Alimentaristi di Confartigianato Imprese Veneto. «Il testo però rischia di rimanere un contenitore vuoto se non sarà rapidamente arricchito delle linee guida previste, cui anche Confartigianato darà il proprio contributo ai tavoli tecnici. Non dobbiamo - conclude - commettere lo stesso errore fatto con la legge sui forni artigiani che non siamo ancora riusciti a far decollare».
Il settore ha bisogno di essere rilanciato, poiché ha sofferto gli effetti della crisi da Covid-19, che ha ridotto la mobilità e fatto crollare i flussi turistici, provocando alle attività cali di fatturato superiori al 30%. La ripartenza è stata neutralizzata inoltre dal rialzo incontrollato dei prezzi di energia, carburanti e materie prime.
Al rilancio del comparto e della cultura del gelato punta anche l’idea di Longarone Fiere. «Abbiamo pensato a un grande itinerario, sostenuto anche dal Consiglio d’Europa, già partner, oltre che da diverse associazioni di gelatieri, come Unitesi e.V (la principale, in Germania, ndr), dalla Georgia alla Spagna, passando per Bulgaria, Serbia, Croazia, Slovenia, Italia, Austria, Polonia, Germania, Belgio, Lussemburgo. Servirà a mettere a sistema conoscenze, cultura, musei del gelato - evidenzia Bellati – e valorizzerà anche i prodotti a “chilometro zero” e gli ingredienti dei territori di passaggio».
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