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Vino, al Vinitaly le sfide per una filiera da 31,3 miliardi

Il settore è il punto di forza del sistema agroalimentare,ma il timore è che le crociate anti alcol di alcuni Paesi europei possano danneggiarne la competitività

di Giorgio dell'Orefice

 Al Vinitaly che si apre oggi a Verona saranno presenti 4mila cantine da tutta Italia e da più di 30 nazioni

3' di lettura

Una filiera che vale 31,3 miliardi di euro, conta 570mila imprese e 870mila addetti e ha i propri asset chiave da un lato in 674mila ettari di vigneto (ormai elemento imprescindibile del paesaggio di ogni regione d'Italia) e, dall'altro, in un volume di esportazioni che lo scorso anno ha sfiorato gli 8 miliardi di euro al termine di un decennio di crescita in cui le vendite all'estero sono aumentate dell'80%.

Sono i numeri chiave della filiera del vino italiano che va in scena da oggi e fino al 5 aprile alla 55ma edizione del Vinitaly di Verona, manifestazione che conta oltre 4.400 espositori e che già prima di aprire i battenti ha fatto registrare numeri record con la presenza di oltre mille grandi buyer stranieri (130 solo dalla Cina) selezionati da Veronafiere e Ice Agenzia al termine di un lungo road show internazionale.

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Un settore di certo in buona salute che ha mostrato grande resilienza nella difficile fase della pandemia e che ha saputo ripartire di slancio nel 2021 cavalcando in maniera molto positiva la voglia di tornare alla normalità. Risultati per giunta confermati nel 2022 da un trend delle esportazioni aumentate in valore di quasi il 10% e dai numeri di bilancio molto positivi comunicati nei giorni scorsi da molte tra le principali aziende italiane sia private che cooperative.

Lo scenario futuro del vino italiano, tuttavia, non può essere tratteggiato solo dai buoni fondamentali economici ma deve prendere seriamente in considerazione anche alcune minacce che nei mesi scorsi si sono fatte sempre più pressanti. La principale è quella legata alle molteplici iniziative anti alcol che si stanno diffondendo in ambiti diversi (dagli orientamenti dell'Oms alla strategia della Commissione Ue denominata Beating Cancer Plan) e che mettono all'indice il consumo di alcol qualsiasi esso sia. Senza differenziare cioè tra superalcolici e prodotti per accompagnare i pasti, senza distinguere tra consumo moderato e abuso.

Iniziative culminate, nel febbraio scorso, nella legge notificata dal Governo Irlandese alla Commissione Ue e con la quale Dublino intende riportare sulle etichette di vini, birre e superalcolici, alla pari di quanto avviene sui pacchetti di sigarette, espressioni come «l'alcol provoca malattie del fegato»oppure «alcol e tumori sono collegati in modo diretto».

La legge irlandese ottenuto, tramite un silenzio assenso, il via libera Ue è stata notificata, lo scorso 6 febbraio, all'Organizzazione Mondiale del Commercio che ha ora 90 giorni di tempo per raccogliere pareri e critiche da parte dei paesi membri. In ambito Wto il tema – secondo quando riferito da servizi della Commissione a Bruxelles – può essere ora portato all'attenzione del comitato Tbt (technical barriers to trade) su istanza di un paese membro Wto (ma non Ue). La speranza dei produttori europei è assuma l'iniziativa qualche altro grande paese produttore di vino dagli Usa all'Australia, dal Cile alla Nuova Zelanda.

Dal canto suo l'Italia ha contestato la legge Irlandese denunciando in particolare la non proporzionalità delle misure (gli health warning in etichetta) rispetto agli obiettivi che si vogliono ottenere, ovvero la riduzione dei consumi. Roma ritiene che i medesimi obiettivi si possano raggiungere con misure alternative come le campagne di educazione che inoltre non andrebbero a incidere sulla libera circolazione delle merci.

Al termine dell'istruttoria davanti al Wto, qualora la legge di Dublino venisse etichettata come distorsiva degli scambi commerciali sarebbe immediatamente sospesa. Ma nel caso invece non dovesse incassare sostanziali opposizioni allora la regolamentazione irlandese diverrebbe pienamente operativa e potrebbe così aprire la strada sia a ulteriori iniziative sul tema sia da parte di altri paesi Ue che da parte di Bruxelles.

Intanto in questi mesi, l'Italia non è rimasta a guardare. Il Governo Meloni ha promosso molteplici incontri sul tema con altri partner Ue. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci si è già confrontato con l'omologo irlandese Stephen Donnelly che dal canto suo ha chiarito di non avere l'obiettivo di danneggiare l'Italia ma di dover fronteggiare un grave problema di alcolismo giovanile in Irlanda.

Sulla questione anche il ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare, Lollobrigida ha avuto diverse bilaterali da ultimo, appena qualche giorno fa, quelle con il collega francese Marc Fesneau e con quello spagnolo Planas. Incontri culminati nella messa a punto di un documento comune sul cui sostegno si cercherà ora di coinvolgere anche di Grecia e Portogallo.

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