Vista da fuori la Terra è stupenda e i problemi si ridimensionano
Il racconto dell'astronauta italiana Samantha Cristoforetti, per la seconda volta in orbita, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale
di Nicoletta Polla-Mattiot
4' di lettura
È tornata in orbita Samantha Cristoforetti, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. È la seconda volta che realizza il sogno della sua vita, volando a 28mila chilometri orari. La missione Crew-4, della quale fa parte l'astronauta italiana dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), la terrà lontana dalla Terra sei mesi. La foto del saluto ai suoi figli, Kelsi Amel, 5 anni e Dorian Lev, 1 anno, ha fatto il giro del mondo. Qui pubblichiamo l'intervista realizzata nel 2015, quando tornò dalla sua prima missione, Futura, dopo aver stabilito il primato della più lunga permanenza nello spazio per una donna. Attraverso twitter e diario di bordo riuscì a rendere quotidiana e vicinissima l'eccezionalità della vita in orbita. Il suo personale progetto extraterrestre è diventato vita e fantasia condivisa da milioni di italiani.
La domanda di allora è la stessa che ripetiamo oggi: a una prospettiva di 400 chilometri di altezza, nello spazio, che cosa s'impara che valga qui, per noi rimasti sulla Terra, con i piedi – e a volte anche le speranze – troppo ancorate dalla gravità? «La leggerezza, la libertà, il fatto di appropriarsi dello spazio nelle tre dimensioni: fluttuare a me mette una grande allegria. Poterti dare una spinta con il mignolo e passare dall'altra parte della stanza: sono dettagli quasi infantili, che però danno un tocco di divertimento a tutte le attività, anche le più normali e di routine. La levità fisica concede forse un po' di agilità di spirito. L'umorismo è una dote preziosa. Serve a tenere a bada l'emotività, a essere equilibrati. E poi ci vuole l'entusiasmo, la capacità di vedere e valorizzare il lato migliore dei tuoi compagni. Nella stazione spaziale, è centrale il fatto di doversi occupare gli uni degli altri. Naturalmente, in primis, ognuno è responsabile di se stesso, di stare bene. Però deve contribuire a creare un ambiente dove gli altri stiano bene. Questa responsabilità del benessere proprio e altrui sarebbe importante trasportarla sulla Terra.
Io non sono malinconica di carattere. Fin da ragazzina, ho viaggiato parecchio e mi sono abituata a mettere radici in fretta, e a toglierle altrettanto in fretta. D'altronde, è una dimensione talmente variabile il tempo! A volte si espande, a volte vola come un oggetto in assenza di peso. Se dovessi darne una definizione, direi: quella cosa di cui non ne hai mai abbastanza. Durante gli anni della preparazione, le attività di addestramento sono state davvero intense. Il resto è passato in secondo piano, mancava spazio per tutti quei piaceri non immediatamente legati alla missione, come leggere un romanzo, chiacchierare con un amico, godersi un tè guardando fuori dalla finestra. Poi arriva la missione, che è il coronamento di tutto, e il tempo si dilata, nel senso che non ti preoccupi più d'altro e la tua giornata è completamente dedicata a godersi quest'occasione. Sei in una bolla. Hai la sensazione di dovere, o volere, sfruttare ogni secondo per esperienze che non potrai più fare altrove. Ogni tanto mi chiedevo: sarà vero quel che ricordo oppure ho sempre vissuto quassù? Strano come cambia la percezione di sé, passata e presente.
Forse il ricordo più bello che ho dello spazio è la vista dalla cupola: meravigliosa. Però, se avessi fatto altro nella vita e qualcuno mi avesse presa e magicamente teletrasportata nella stazione a guardare la Terra, non sarebbe stata la stessa emozione. Ogni esperienza ha significato perché c'è una storia, una narrazione dietro, prende valore nella sua complessità. Altrimenti diventano momenti di adrenalina pura fine a se stessi, come fare bungee jumping. Non è equivalente a un salto nel vuoto sognare qualcosa tutta la vita, prepararsi per anni e poi arrivarci. C'è un'intensità dietro, una pregnanza altrimenti inimmaginabili. Questo vale per me che sono un'astronauta. Per un'altra persona può essere un progetto diverso, un altro sogno per cui ha speso sé e il suo tempo. Lo stesso discorso vale per la paura. Tutti ne abbiamo, ci mancherebbe, ma, al di là della consapevolezza dei pericoli, a me sembra che le due cose non vadano assieme: desiderare qualcosa in maniera così intensa e allo stesso tempo averne paura. Non conosco quella condizione emotiva debilitante per cui la mente si concentra solo sul rischio, invece che sull'opportunità e sulla bellezza di quello che stai facendo. Se penso ai primi mesi della missione, io ero davvero come una bambina divertita: era un mondo talmente diverso, stimolante. Per nulla spaventoso. Nonostante ci fossero attività tecnicamente complesse, non mi sono sentita mai sotto stress. Ti prepari per anni a quello che devi fare e sai come farlo.
Sarò fuori dal Pianeta per un po': l'ho scritto nella risposta automatica della mia mail. Vista da là, da fuori, la Terra è stupenda e i problemi si ridimensionano. Hai tutti gli strumenti per tenerti aggiornata su cronaca, politica, economia, ma senti i fatti che normalmente ti preoccupano a una grande distanza. Vedi il tuo Paese nella sua bellezza intensa, aliena, siderale, una delle cose per cui sentirsi grati. Forse la mia è parzialità affettiva, ma davvero l'Italia è la più bella di tutte: di notte, è luminosa, di giorno, sempre nuova. Una molteplicità di conformazioni fisiche, montagne, coste, pianure, tutte diverse. Ogni volta che ci passi sopra è un momento d'incanto. Dura pochi secondi, poi sei già altrove...».
(How to Spend it, agosto 2015)
loading...