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Welfare aziendale: un percorso a più direzioni

3' di lettura

Quale sia oggi la veste ideale del welfare aziendale e quale potrà essere domani il suo ruolo nel rapporto tra aziende e persone e tra società e lavoro sono questioni tutt'altro che risolte. Quello che è certo è che gli verrà riservato uno spazio importante al centro del dibattito. Le motivazioni di tanta attenzione sembrerebbero da ricercarsi nel tumultuoso scenario economico e sociale che scuote da anni il nostro Paese e che sembra aver congelato due macro-problemi che risuonano come una fame arretrata di reddito da un lato e un insoddisfatto bisogno di protezione sociale dall'altro. Uno scenario che, risentendo ulteriormente delle conseguenze pandemiche e del conflitto bellico, impone inevitabilmente una riflessione sul ruolo decisivo di strumenti integrativi per alleviare la duplice pressione sul destino delle persone e del nostro sistema sociale.

Dal canto suo, il welfare aziendale procede su entrambi i binari. Da un lato abbiamo l'accezione retributiva e meramente economica a sostegno dei redditi dei lavoratori, e dall'altro l'accezione sociale che risponde al bisogno di protezione delle persone e vede il welfare come uno strumento integrativo e sinergico rispetto al sistema pubblico.
La sensazione è che la medaglia non abbia un dritto e un rovescio ma che entrambi gli approcci, tanto complementari quanto diversi per obiettivi e declinazioni, possano coesistere all'interno delle aziende e modellarsi a seconda delle esigenze.

La prima risposta istituzionale – il DL Aiuti quater che annuncia l'aumento per il 2022 della soglia di esenzione dei fringe benefit - non nasconde di certo l'intenzione di spingere nella direzione del sostegno ai consumi, riducendo il welfare aziendale a un efficace strumento di integrazione al reddito. Del resto, l'onda che è arrivata e che si riassume in una trasversale richiesta di supporto al reddito, complice il declino italiano delle retribuzioni (dal 1990, secondo i dati OCSE, i salari in termini reali sono diminuiti del 2,9%), esorta a disinnescare la spirale inflattiva che tende a espandersi con un impatto evidente sul potere d'acquisto dei lavoratori. Un processo in atto, destinato a durare, che potrà trovare una valida sponda nel welfare aziendale.

Di contro, non può restare in secondo piano la rilevanza sociale del welfare aziendale, e non può rimanere inascoltata la domanda di cura delle persone. Vecchi e nuovi bisogni sociali, come la cura e l'istruzione dei figli, l'assistenza agli anziani e disabili, la salute e la previdenza, che pur sopravvivendo negli infiniti cataloghi dei portali di welfare rischiano di essere poco valorizzati e di restare indietro nella rincorsa più agevole a buoni acquisto e voucher. Una scelta ragionevole di questi tempi, naturalmente, ma che non placa l'insicurezza delle persone e la loro insofferenza nel rapporto con il lavoro: un rapporto freddo, distaccato, opportunistico - l'estraniazione dal lavoro nel lavoro per citare il V Rapporto Censis-Eudaimon - che non può trovare una risposta efficace nel solo e altrettanto opportunistico e incondizionato trasferimento di risorse della logica retributiva.
Al contrario, può trovare linfa e riscoprire attenzione in servizi specifici di cura, in un welfare dedito alle persone, progettato sull'unicità di ciascuno, capace di ascoltare, supportare e orientare verso la soluzione più aderente ai singoli bisogni. È l'idea originaria di un welfare aziendale come fonte preziosa per integrare servizi di carattere sociale, garantendo protezione e migliore qualità della vita ai lavoratori e sostenendo al tempo stesso i pilastri del welfare pubblico. Un triangolo in cui l'azienda fa da vertice e facilitatore, raccogliendo i frutti in termini di produttività ed engagement.

Come racconta Edoardo Perfumo, Direttore Marketing & Innovation di Eudaimon, gli esperti del settore giocheranno un ruolo fondamentale nel direzionare la scelta delle aziende: “Qualsiasi direzione prenderà il welfare aziendale nel prossimo futuro, un ruolo chiave dovrà essere ricoperto dai provider. Dovremo farci carico del compito di educare tutta la comunità sull'utilizzo che possono fare delle somme e dei servizi che i piani di welfare mettono a disposizione, e di creare una maggior consapevolezza circa le profonde potenzialità del welfare aziendale.”

Oggi, i due approcci rappresentano entrambi soluzioni innovative con cui le aziende possono contribuire al benessere delle proprie persone nell'interesse generale del Paese. La differenza la faranno le aziende, se saranno in grado di sfruttare gli strumenti per mettere le persone al centro della propria strategia.

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