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“White Noise”, il capolavoro di Don DeLillo in apertura di Venezia

Prima giornata alla Mostra del Cinema: protagonista assoluto il film inaugurale della kermesse, diretto da Noah Baumbach, con protagonisti Adam Driver e Greta Gerwig

di Andrea Chimento

3' di lettura

La Mostra del Cinema di Venezia si è aperta con uno dei film più attesi della stagione: il regista americano Noah Baumbach ha inaugurato la kermesse lagunare con “White Noise”, uno dei tanti lungometraggi in competizione targati Netflix.
Alla base c'è il capolavoro letterario di Don DeLillo del 1985, adattato dallo stesso Baumbach in una trasposizione cinematografica che rimane profondamente fedele allo spirito del testo di partenza.

Protagonista è Jack Gladney, una vera e propria eminenza per quanto riguarda gli studi hitleriani, che insieme alla sua famiglia si trova ad affrontare problematiche grandi e piccole della vita di tutti i giorni. La sua esistenza e quella dei suoi cari cambia improvvisamente quando una nube nera si alza da terra verso il cielo: un tragico incidente chimico avvenuto a poca distanza dalla loro abitazione li costringe a scappare di casa in cerca di riparo.

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Diviso in tre parti (“Onde e radiazioni”, “Evento tossico aereo” e “Dylarama”) che seguono la scansione del romanzo, “White Noise” è un film in cui Baumbach torna a sviscerare tematiche che ha spesso affrontato nella sua carriera, inerenti alle relazioni genitori-figli e alle complesse dinamiche coniugali: attorno a questi argomenti si muovevano i suoi lungometraggi migliori – da “Il calamaro e la balena” a “Storia di un matrimonio” – ma in questo caso la sceneggiatura non nasce direttamente da una sua idea originale.

DeLillo

Affrontare DeLillo è materia tutt'altro che semplice (tra i precedenti adattamenti si ricorda “Cosmopolis” di David Cronenberg), ma Baumbach riesce nell'impresa pur smorzando purtroppo parte della profondità del romanzo.

Ironia e tragedia

Il grosso pregio di questo adattamento è quello di essere riuscito a mantenere il costante cambio di registro narrativo del testo, mescolando tragedia e satira, dramma e ironia in maniera mirabile.Alcuni momenti rischiano di risultare superficiali, soprattutto verso una parte conclusiva in cui cala in parte il coinvolgimento, ma il disegno complessivo regge alla distanza anche grazie alla capacità di Baumbach di trasmettere appieno la tensione e l'ossessione per la morte che colpisce i protagonisti.Seppur la vicenda sia profondamente legata agli anni Ottanta e all'America Reaganiana che racconta, sono numerosi gli echi che si collegano alla contemporaneità e a una società per molti versanti decisamente simile a quella descritta, seppur in chiave parossistica.

Grande prova di Adam Driver che si conferma uno degli attori più significativi della sua generazione, dopo le ottime performance in “Annette” e nel già citato “Storia di un matrimonio”, ma anche il resto del cast (tra gli altri, sono presenti Greta Gerwig e Don Cheadle) fa bene il suo dovere.

Princess

L'apertura della sezione Orizzonti è stata invece affidata a “Princess” di Roberto De Paolis, regista che aveva stupito con la sua opera prima “Cuori puri”.Protagonista è una giovane nigeriana costretta a prostituirsi ai margini di una grande città. La ragazza si muove spesso in una pineta che si estende fino al mare, un bosco incantato in cui trovare rifugio: per sopravvivere, deve ogni giorno schivare pericoli e sentimenti, fiutare l'odore dei soldi e raggirare i clienti.Aperto da titoli di testa dal sapore fiabesco, bruscamente interrotti dalle immagini della difficile realtà che vive la protagonista, “Princess” è un film che conferma lo sguardo sincero e spontaneo di De Paolis, abile nel dare vita a una pellicola cruda e delicata allo stesso tempo.Solo alcuni momenti appaiono troppo costruiti a tavolino in questo interessante racconto di formazione capace di toccare corde molto profonde, nonostante qualche calo di troppo nella parte conclusiva.Da segnalare che il regista ha dichiarato di aver costruito il film fondendo il suo punto di vista con quello delle ragazze nigeriane, vere vittime del mercato della prostituzione, che hanno scritto con lui la storia e hanno poi interpretato loro stesse.


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